A parlare più di tutto è la foto di Marco Bentivogli e Maurizio Landini, i segretari di Fim e Fiom, che si abbracciano e sorridono dopo la firma: il contratto dei metalmeccanici è una realtà, e soprattutto i tre sindacati delle tute blu sono di nuovo uniti dopo ben otto anni di divisioni e scontri. Quello più duro – uno tra tanti – il contrasto sulla Fiat (oggi Fca) di Sergio Marchionne, ma ora che la testa dell’industria auto è saldamente emigrata all’estero e che anche il presidente Obama è quasi archiviato, sembra di vedere un’altra storia.

In mezzo ci sono gli anni della crisi, con i lavoratori impoveriti che avevano sicuramente bisogno di soldi in più, ma non solo di quelli: firmare un contratto dà l’orgoglio della propria identità, rinsalda l’unione, soprattutto perché si è riuscito a salvare quell’aumento nazionale per tutti che fino a poco tempo fa le imprese di Federmeccanica erano decise a negare.

LA CIFRA CONQUISTATA nel triennio è di 92,68 euro, ma non è tutta erogata direttamente in busta paga: si compone in parte di cash a fronte dell’inflazione (calcolata a consuntivo) e in parte di risorse investite per il welfare e la formazione dei singolo dipendente.

Così la Fiom Cgil illustra l’incremento ottenuto: «L’aumento salariale prevedibile nel triennio, derivante dall’inflazione, è pari a 51,7 euro mensili, a cui vanno aggiunti 7,69 euro di aumento sulla previdenza, 12 sulla sanità, 13,6 di welfare, per un totale di 85 euro mensili che arrivano a 92,68 con la quota per il diritto alla formazione continua».

SONO PREVISTI POI: 1) una una tantum di 80 euro erogata a marzo 2017; 2) una nuova normativa sulla formazione continua come diritto individuale, con 24 ore e 300 euro per ogni lavoratore nel triennio; 3) il rafforzamento del ruolo delle Rsu nella contrattazione dell’orario flessibile; 4) l’avvio della sperimentazione per un nuovo sistema di inquadramento; 5) la sanità integrativa con 156 euro annui a totale carico delle aziende, allargata ai lavoratori a tempo determinato, in mobilità e ai familiari.

Viene innalzato inoltre il contributo per la previdenza integrativa a carico dell’azienda. Si introduce, anche nel contratto nazionale, una quota di aumenti defiscalizzati attraverso il welfare per un totale di 450 euro nel triennio.

MA IL CAMBIO PIÙ DECISO avviene negli aumenti salariali: viene introdotta una struttura sperimentale con la rivalutazione annua dei minimi sulla base dell’inflazione reale, mentre il salario derivante dalla contrattazione aziendale futura e da elementi individuali assume carattere di variabilità piena, diventando nelle parti fisse assorbibile dagli aumenti nazionali sui minimi, tranne che per gli elementi collegati alla prestazione (turni, indennità, straordinario) o se dichiarato non assorbibile.

L’1 dicembre Fim, Fiom e Uilm si riuniranno per fare il punto, poi partiranno le assemblee e infine, entro Natale, il referendum in tutti i luoghi di lavoro. La Fiom segnala che «nel nuovo regolamento Rsu viene riconosciuto il diritto ai lavoratori a votare sugli accordi aziendali, anche su richiesta di una sola organizzazione sindacale o del 30% dei lavoratori, cosa da sempre nella storia della Fiom ma mai fino a ora diritto esigibile».

LANDINI SOTTOLINEA la «ritrovata unità dei lavoratori». Per Bentivogli si tratta di un «accordo storico». Rocco Palombella, segretario Uilm, rileva che «si riafferma e rilancia il valore del contratto nazionale».

Soddisfatti anche Camusso, Furlan e Barbagallo, mentre i presidenti di Federmeccanica e di Confindustria, Fabio Storchi e Vincenzo Boccia, spiegano che «così si rilanciano produttività e industria». Positivo il commento del premier Matteo Renzi: «Bravi tutti, un grande abbraccio. È un accordo importante per il Paese».