Aggiornamento da Kiev, ore 19 del 27 febbraio

Sabato Angieri – Da Kiev

La giornata è iniziata com’era finita quella di ieri, con il suono delle sirene antiaeree. I bombardamenti non sono cessati per tutta la notte ma il temuto sfondamento da parte russa non è avvenuto. I combattimenti, sia a Kiev, sia nel resto delle città ucraine sono continuati e sembra che anche questo quarto giorno del conflitto si concluderà con un nulla di fatto per le truppe di Mosca.

Nel primo pomeriggio le agenzie di tutto il mondo hanno diffuso la notizia che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, durante una telefonata con il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, avesse accettato l’invito a sedersi a un tavolo per trattare con una delegazione russa. «La delegazione ucraina incontrerà la delegazione russa senza condizioni al confine tra Ucraina e Bielorussia, vicino al fiume Pripyat» si legge nella conferma diramata dagli organi di stampa ucraini.

Ma come è stato possibile ribaltare completamente il no categorico che Zelensky aveva opposto alla controparte fino alla sera precedente? In un video, uno dei tanti che il presidente ucraino sta diffondendo dall’inizio del conflitto, ha spiegato che non crede nell’esito positivo dei negoziati con la Russia, «Ma lasciamoli provare, affinché nessun ucraino dubiti che io, come presidente, ho provato a fermare la guerra mentre c’era ancora una possibilità, per quanto piccola». Contestualmente, Zelensky ha aggiunto che Lukashenko si è assunto la responsabilità di assicurare che ogni aereo, elicottero e missile di stanza sul territorio bielorusso resterà a terra durante il viaggio, la discussione e il ritorno della delegazione diplomatica ucraina.

Sembrava ci fosse spazio per una timida speranza ma, subito, un’altra notizia è stata pubblicata dall’agenzia russa Tass: Vladimir Putin ha ordinato lo stato d’allerta per le forze speciali che si occupano dell’arsenale nucleare russo, aggiungendo, tra l’altro, che le sanzioni dell’Occidente erano «ingiustificate e illegittime». Poi sugli smartphone, nel buio di Kiev in attesa che passi l’ennesimo allarme, appare quella che poteva sembrare  l’ennesima dichiarazione non verificata della guerra mediatica che Russia e Ucraina stanno combattendo parallelamente a quella militare. Purtroppo però stavolta era vero: lo stato maggiore russo ha paventato l’attivazione del suo sistema di deterrenza nucleare.

In mattinata si era svolta una conferenza stampa online del ministro Dmytro Kuleba. Poco dopo la notizia della Tass, Kuleba si è collegato da remoto, con dietro le spalle degli schermi quadrati che delineano una bandiera ucraina sventolante. Il ministro ha iniziato dicendo che «nessun obiettivo strategico annunciato dal Cremlino è stato raggiunto: volevano raggiungere Kiev con un blitzkrieg e non ci sono riusciti, volevano conquistare le città più popoloso e non ce l’hanno fatta, volevano che sfiduciassimo il governo e neanche questo è accaduto. Finora per i russi è una disfatta totale!».

Dopo aver paragonato il presidente russo ad Adolf Hilter ha aggiunto che «l’Ucraina ha già affrontato questo tipo di minaccia, 80 anni fa, contro la Germania nazista, oggi ci troviamo di nuovo di fronte a questo pericolo (…). Putin ha chiuso la porta a ciò che il suo predecessore Ivan il grande aveva fatto 300 anni fa, ovvero aprirsi all’Europa». Per questo il governo ucraino chiede che sia sospeso il rilascio di visti ai cittadini russi, che si incrementino le sanzioni, che si istituisca un embargo sul petrolio e il gas prodotti in Russia e che si continui «sulla strada già intrapresa da molti», ovvero quella del blocco dell’economia russa, «finché il territorio ucraino non sarà liberato interamente dalle forze di occupazione».

Il ministro ha ringraziato tutti i Paesi che stanno supportando l’Ucraina, «non lo dimenticheremo mai». Contemporaneamente, ha puntato il dito  contro chi «con la mano sinistra firma le sanzioni, mentre con la destra le rende inutili e continua a commerciare con la Russia». Ebbene, «quei commerci sono fatti con il nostro sangue, sappiatelo (…). La storia vi giudicherà, come ha fatto con quelli che agirono come voi in passato, se continuerete a sostenere il regime di Putin il pazzo».

Rispetto ai negoziati di pace, Kuleba ha dichiarato: «Fino allo scoppio della guerra la Russia non voleva neanche parlare con le nostre delegazioni, ora che l’avanzata stenta vogliono trattare. Il fatto che la Russia sia pronta a discutere è già una vittoria per l’Ucraina». E ha poi chiarito: «Oggi il presidente Zelensky ha parlato con il presidente bielorusso Lukashenko, i due hanno concordato che nessuna azione sarà intrapresa dai militari bielorussi finché non si terrà quest’incontro».

Gli ucraini hanno bisogno di difendere il confine nord e non possono permettersi una nuova avanzata. «Dobbiamo proteggerci, andremo lì per ascoltare e dire cosa pensiamo di questa guerra e di ciò che la Russia ha fatto. Ma fino a quel momento continueremo a difenderci».

In conclusione, secondo Kuleba, la minaccia di convocare il tavolo per gli armamenti nucleari da parte di Putin è un modo per spaventare gli ucraini e il mondo. «Non può essere casuale che la dichiarazione sia stata rilasciata subito dopo che avevamo concordato l’incontro diplomatico. Putin vuole metterci pressione ma, lo dico chiaramente: usare le armi atomiche sarebbe una catastrofe immane per il mondo, tuttavia noi non ci arrenderemo neanche in quel caso».

Aggiornamento delle 15.30

L’Ucraina ha acconsentito a colloqui di pace in Bielorussia. “Alexander Lukashenko si è assunto la responsabilità di garantire che tutti gli aerei, elicotteri e missili di stanza sul territorio bielorusso rimangano a terra durante il viaggio, i colloqui e il ritorno della delegazione ucraina” dopo i negoziati con Mosca. Lo ha riferito in un messaggio su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. 

Aggiornamento delle 14.30

Putin ha ordinato lo stato di massima allerta del sistema difensivo nucleare russo a causa delle “dichiarazioni aggressive” dei paesi Nato subito dopo un vertice al Cremlino con il ministro della Difesa e il capo di stato maggiore delle forze armate (agenzia Tass).

L’Ue verso la chiusura totale dei cieli europei a velivoli russi (molti paesi lo hanno già deciso autonomamente).

Aggiornamento da Kiev, ore 13 del 27 febbraio

Sabato Angieri – Da Kiev

La giornata di ieri si è conclusa con la notizia che una famosa fabbrica di birra di Leopoli si è riconvertita alla produzione di bombe molotov. Siamo all’economia di guerra.

A Kiev, quella che da molti era stata definita come una “notte decisiva” non ha portato significativi cambiamenti rispetto alla linea del fronte. Lo sfondamento non è avvenuto e la città è ancora saldamente in mano ucraina.

Contemporaneamente, le battaglie nelle altre città, soprattutto lungo il confine orientale e nell’oblast della capitale, proseguono senza tregua.

Ieri notte l’ufficio stampa del presidente Zeklensky ha diramato l’informazione che Sumy era stata riconquistata “interamente”. La cittadina, 250.000 abitanti a nord-ovest di Kharkiv, era stata segnalata come il primo successo russo nell’est, ma ora sembra che le truppe di Mosca ne siano state espulse.

Kharkiv, invece, teatro di sanguinosi scontri fin da mercoledì notte, è il primo capoluogo ucraino che potrebbe cadere in mano russa. Una colonna con almeno 400 uomini sarebbe riuscita ad entrare fino in centro (notizia confermata da entrambi gli schieramenti) e sembra che ormai sia questione di ore.

Inoltre, per la prima volta dall’inizio delle ostilità, sono arrivate notizie di sviluppi a Odessa. Durante le ore notturne sono stati registrati attacchi per mezzo di droni, ma non è chiaro se siano stati colpiti obiettivi sensibili e quale sia l’entità degli eventuali danni.

Ma è nella capitale che però si concentrano gli sforzi russi. Fonti ucraine hanno diramato l’informazione che un ponte nella zona di Bucha è stato fatto saltare per rallentare l’avanzata russa. Nella stessa zona, a sud-ovest della capitale, si combatte senza sosta da due giorni e finora le forze di difesa ucraine hanno tenuto. A Kiev, invece, si è deciso di tagliare la corrente alla stazione centrale per la presenza di “pesanti bombardamenti vicino alla struttura”.

Per tutta la notte si sono susseguiti allarmi e comunicati di allerta che invitano chiunque si trovasse in città a cercare riparo “immediatamente” e a non spostarsi per nessuna ragione.

Più tardi è stato dato alle fiamme un deposito di idrocarburi a Vasylkiv, 40 km a sud di Kiev. Anche a Kharkiv è stato colpito un deposito di gas e le fiamme alla periferia della città hanno illuminato a giorno il cielo notturno, mentre a pochi chilometri la fanteria si confrontava senza quartiere.

Secondo Channel 24 a Hostomel (vicino Kiev) le forze ucraine hanno annientato un’intera colonna russa catturando o distruggendo 56 carrarmati e uccidendo il generale russo Magomed Tushayev, comandante del 141° reggimento della guardia cecena russa.

Nella notte anche la città industriale di Mykolayiv, è stata attaccata da una colonna corazzata mediante l’impiego di carrarmati e blindati. Sembrava che il governatore della regione fosse stato catturato, ma dopo le dieci è stato diffuso un video in cui lo stesso governatore smentiva.

Rispetto all’evoluzione dei negoziati di pace, i russi hanno dichiarato che la controparte non sta dimostrando impegno nella ricerca di un accordo. Di contro, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky ha chiarito che il suo Paese è seriamente interessato a un tavolo di discussione ma che non accetterà mai che questo si tenga a Minsk, come richiesto da Mosca. “Varsavia, Istambul, dovunque, ma non nel Paese dal quale partono i missili che uccidono i miei compatrioti” ha dichiarato.

L’articolo in edicola

Nella metro Kreschyatyk, fino a tre giorni fa snodo centrale dei trasporti urbani di Kiev, oggi si entra solo passando attraverso i controlli dei militari. Documenti, perquisizione e divieto categorico di filmare e fotografare.

La lunga scala mobile che porta ai treni è deserta, ai suoi piedi altri due volontari di guardia e poi si sente subito, assordante, il rumore dei motori dell’aria calda e dell’aereazione.

DECINE DI PERSONE si sono trasferite qui per ripararsi durante questi primi giorni di guerra. Ci si chiede come facciano a stare tutto il giorno in quel luogo, tra un sedile della metro e le gallerie di collegamento agli altri binari e, soprattutto, come facciano a sopportare quel ronzio costante. Per i bambini all’inizio potrà forse sembrare anche un gioco, ma come facciano i genitori a tenerli sottoterra e ad evitare che piangano costantemente rimane un mistero. Deve essere uno sforzo psicologico immane.

Il terzo giorno di ostilità è iniziato con le dichiarazioni ottimistiche del ministero della difesa e dei media ucraini che riportavano una situazione generalmente favorevole in tutti i principali fronti aperti dai russi. La prima buona notizia era che l’esercito invasore non era riuscito a sfondare in nessuna direzione. La seconda che le perdite russe erano almeno tre (se non cinque) volte superiori a quelle ucraine.

LA TERZA CHE DAGLI USA e da altri stati amici erano in arrivo soldi e armi. Nel corso della giornata si è poi aggiunta la decisione di alcuni stati, tra cui l’Italia, di escludere le banche russe dal sistema Swift, il che provocherà danni consistenti all’economia russa. Tuttavia, più o meno contemporaneamente, il sindaco di Kiev, l’ex-pugile Vitali Kitschko, ha fatto diramare la notizia che il coprifuoco era anticipato alle 17. In seguito, si è deciso di includere anche l’intera giornata di domenica nelle limitazioni al movimento delle persone e, quindi, per quasi 40 ore in città non potrà circolare nessuno. Il comunicato era accompagnato da una postilla «chiunque sarà trovato in strada dopo le 17 sarà considerato un nemico». Un messaggio che non lasciava adito a fraintendimenti.

Prima della guerra in molti temevano quelle che si potrebbero definire «cellule dormienti» all’interno delle grandi città. Si paventavano rivolte pilotate da filo-russi, disordini, azioni mirate. Ciò non è avvenuto. Ma ora, data la struttura stessa delle forze di difesa ucraine, soprattutto nelle città, la paranoia ha raggiunto livelli estremi. Il Kyiv Independent stamane riportava l’abbattimento di un mezzo civile sul quale si trovavano due sabotatori russi sotto mentite spoglie proprio vicino a piazza Maidan. Il canale telegram Nexta, molto popolare nel Paese, citava fonti della difesa riportando l’uccisione di un manipolo di infiltrati alla periferia della città.

D’ALTRONDE, A QUESTO PUNTO del conflitto, possiamo già iniziare a immaginare i possibili sviluppi. Se da un lato già da ieri era evidente che l’interesse principale dei russi fosse la conquista della capitale, le notizie di oggi modificano lo scenario e aggiungono molti elementi da tenere in considerazione. Innanzitutto, l’imminente arrivo di nuove truppe dalla Russia, colonne corazzate e reparti di fanteria. Per tutto il giorno Reuters ha rilanciato la notizia che fossero già pronti a intervenire dei battaglioni ceceni nella presa di Kiev. L’agenzia di stampa riportava che questi gruppi fossero già stati dislocati nei boschi intorno alla capitale e che, a un dato segnale, sarebbero arrivati a dar manforte alle truppe d’invasione per colpire una lista di persone specifiche. Qualche media addirittura parlava del fatto che ai soldati ceceni fosse stato dato un mazzo di carte dalle quali «pescare» la propria vittima. Poi, verso le 18, il ministero della difesa russo ha confermato che i ceceni sarebbero pronti a intervenire e a entrare in Ucraina dalla Russia. Com’è evidente, è difficile orientarsi in questo scontro mediatico che fa parte, a tutti gli effetti, del conflitto.

CECENI A PARTE, però, ciò che è certo è che i russi stanno ricevendo nuove truppe. Sempre nel pomeriggio, sono state diffuse le immagini delle colonne di carrarmati diretti a Mariupol, la città che dall’inizio del conflitto ha pagato il prezzo più alto in termini di vittime.
Da Sumy arrivano immagini drammatiche di attacchi ai civili ucraini, case in fiamme e mezzi esplosi. A Kherson, che ieri i russi davano per conquistata e oggi il ministro della difesa ucraino ha definito «in bilico», le truppe russe avrebbero colpito un mezzo della Croce Rossa uccidendo tutte le persone all’interno del veicolo. Finora i media russi non confermano e non smentiscono.

A Kharkiv i combattimenti sono stati serrati e Russia Today ha diffuso le immagini di numerosi reparti di rinforzi in arrivo per piegare la resistenza della città. Odessa è sempre in bilico e, ora che la marina di Mosca ha bloccato il Mar d’Azov e ha iniziato le manovre nel Mar Nero, potrebbe essere il prossimo obiettivo.

LA CHIAVE DI VOLTA sembra essere comunque Kiev. Mentre scriviamo, nei sotterranei dell’hotel adibiti a rifugio antiaereo, una delle poche dipendenti della struttura rimaste (gli altri sono fuggiti tra mercoledì e giovedì) ci avvisa in modo scorbutico di disattivare la geolocalizzazione nei cellulari e nei vari dispositivi elettronici. Dopo poco riusciamo a capire da cosa derivi la sua premura: nelle chat della città stanno circolando sempre più notizie sui sabotatori russi. Pare che pochi minuti fa due di questi siano stati fermati a poca distanza dal nostro edificio, dove, da qualche ora sono arrivati anche dei rifugiati da altre zone della città.

Intanto, tra Peremohu e Povitroflotskyi, a sud-ovest di Kiev si combatte apertamente. Prima delle dieci si erano già registrati violenti scontri nella zona di Zhuliavny, vicino all’aeroporto, dove dei blindati russi sono stati distrutti dalle truppe regolari ucraine. Nelle stesse ore un palazzo residenziale è stato colpito da un ordigno ed ora è in fiamme.

SUL CORSO PEREMOHU le forze di difesa territoriale (civili e paramilitari) hanno respinto l’offensiva di blindati russi colpendoli con bombe molotov. Ora però, poco prima di chiudere questo racconto di una giornata tremenda, sono arrivati i video che gli abitanti di quei quartieri hanno caricato nelle chat cittadine: da un lato si lanciano incessantemente razzi e dall’altro si risponde con i mortai. A breve i russi potrebbero arrivare al ministero delle infrastrutture.