Non si può parlare di meduse senza consultare il professor Stefano Piraino, docente di Zoologia e Biologia marina all’Università del Salento, che le studia da 30 anni. Le numerose ricerche a cui ha partecipato ne fanno uno dei massimi esperti a livello mondiale.

Professor Piraino, com’è andata questa estate con le meduse? Nonostante i numerosi avvistamenti e contatti, non si sono registrate le invasioni degli anni precedenti. Ci hanno concesso una tregua?

Sono anomalie che possono dipendere sia dalla fluttuazione delle meduse che da quella della popolazione sui litorali. Nel periodo iniziale dell’estate la presenza delle persone nelle località marine è stata nettamente inferiore rispetto agli anni precedenti. In alcune zone costiere si registra la medesima concentrazione di meduse, mentre in altre le popolazioni di meduse non si sono viste. Sono cambiamenti che vanno verificati e dipendono da situazioni di tipo locale. I dati non sono ancora sufficienti. L’unico certo di questa estate è la minore presenza umana.

Lei ha coordinato un progetto europeo per l’installazione di reti anti-meduse nelle zone balneari. Con quali risultati?

Il progetto, portato avanti dal 2012 al 2015, serviva a verificare l’efficacia di reti di protezione lungo i litorali in cui la presenza di meduse era tale da impedire la balneazione. Le abbiamo installate in aree del Mediterraneo che presentano condizioni ambientali diverse (Italia, Spagna, Malta, Tunisia), dimostrando di non avere un impatto sulla fauna marina. Non sono installazioni che possono essere lasciate in maniera permanente, ma rappresentano una misura di protezione sostenibile sul piano locale. Nelle zone in cui si concentra la balneazione si creano delle aree protette dalle reti, riducendo l’impatto che le meduse hanno sul piano sanitario. Le abbiamo installate alle Eolie durante un periodo di invasione della Pelagia, garantendo un elevato livello di protezione. In Spagna, lungo le coste della Catalogna, dove in estate il 60-70% degli interventi medici riguarda il contatto con le meduse, le reti di protezione hanno notevolmente attenuato il fenomeno. In Australia, dove c’è la presenza di meduse molto più pericolose, le reti sono ampiamente usate, con sistemi più complessi dal punto di vista tecnologico. Sono installazioni che richiedono, però, manutenzione e vanno gestite adeguatamente.

Come si è modificata negli ultimi anni la popolazione di meduse nel Mediterraneo? Aumentano le specie aliene?

Non si registrano particolari modificazioni nella composizione delle specie native, ma abbiamo nuove specie arrivate dal Mar Rosso attraverso il canale di Suez. Dopo l’allargamento del canale, è raddoppiato il volume d’acqua che entra nel Mediterraneo e questo favorisce l’ingresso di nuove specie di animali marini. In particolare, è arrivata la Rhopilema nomadica, una medusa di grandi dimensioni e molto urticante, che ha raggiunto le coste italiane nel 2016. Anche se la temperatura del Mediterraneo è ancora al di sotto del livello di tolleranza di questa medusa, il suo arrivo avviene con maggiore frequenza. Il processo di tropicalizzazione sta rendendo le acque del Mediterraneo sempre più ospitali, favorendo l’ingresso delle specie aliene. L’aumento della temperatura delle acque favorisce l’allungamento del periodo riproduttivo delle meduse native. Fino a 25 anni fa la riproduzione della Pelagia veniva segnalata per due mesi all’anno. In questi anni sono stati individuati nello stretto di Messina esemplari di questa specie in grado di riprodursi tutto l’anno. L’allungamento del periodo riproduttivo è una delle cause del loro aumento.

La pesca indiscriminata, con conseguente diminuzione di predatori, è la causa principale dell’incremento. Come si manifesta il fenomeno?

È difficile attribuire il primo posto a una singola causa. C’è sicuramente un aumento della popolazione di meduse nei diversi mari, ma è anche vero che ci accorgiamo di più della loro presenza perché è aumentata la nostra presenza. Sono molte le cause che concorrono a determinare l’incremento e che incidono in varia misura nei diversi ambienti marini. In un ecosistema ci sono relazioni complesse. Sicuramente peschiamo troppi pesci predatori di meduse e questo favorisce la loro riproduzione. Ma anche pescando pesci che non mangiano meduse lasciamo a questi organismi uno spazio con più disponibilità di risorse. La diminuzione dei pesci che competono con le meduse nella ricerca del cibo fa sì che queste ultime siano notevolmente favorite da un punto di vista alimentare. La contemporanea diminuzione dei predatori e dei competitori delle meduse determina una maggiore capacità di riproduzione e diffusione.

Anche gli insediamenti umani lungo le coste e gli interventi sui litorali favoriscono la riproduzione delle meduse.

La maggiore presenza umana lungo le coste, le attività lungo i litorali, il massiccio aumento di installazioni costiere favoriscono l’insediamento delle meduse. Quando si costruisce un porto o una diga o si mettono nuovi massi per creare barriere frangiflutti, si formano substrati su cui le fasi giovanili delle meduse (i polipi) si attaccano. Tutte le strutture artificiali installate in mare consentono di attivare i cicli biologici delle meduse. Stiamo osservando, ad esempio, le modificazioni che sta subendo la popolazione di meduse nel Mare del Nord come conseguenza dell’installazione di strutture eoliche. I piloni che sostengono le pale eoliche si sono ricoperti di polipi che daranno vita a nuove meduse.

Professore, lei è conosciuto come lo scienziato che vuole portare le meduse sulle tavole degli italiani. Le sue ricerche sulla medusa Polmone di mare, molto diffusa nell’Adriatico, hanno dimostrato che questi animali possono rappresentare una importante risorsa alimentare.

Lo sfruttamento del mare ha raggiunto livelli insostenibili e le specie più pescate stanno scomparendo. La popolazione umana nel 2050 potrebbe raggiungere i 10 miliardi di persone. E allora perché non pensare a nuove risorse provenienti dal mare? In Cina da più di 2 mila anni si consumano meduse. Sono più di 20 i paesi nel mondo che pescano meduse e le trasformano, ottenendo prodotti ad alto contenuto proteico. Inoltre, in alcuni paesi asiatici è stato avviato l’allevamento delle specie di meduse più idonee da un punto di vista alimentare. Ogni anno nel mondo viene pescato e trasformato un milione di tonnellate di meduse. Cina e Giappone sono i principali paesi consumatori, ma in tutto il sud-est asiatico aumenta la domanda. Credo che anche in Occidente i consumatori siano disponibili verso nuovi tipi di diete. La nuova normativa europea, varata nel 2018, facilita l’introduzione di nuovi prodotti sul mercato. L’Istituto di Scienze della produzione alimentare di Lecce sta lavorando nei processi di trasformazione delle meduse. I ricercatori dell’Istituto hanno messo a punto e brevettato un sistema di trattamento senza l’impiego dell’allume, sostanza utilizzata in Cina e che può presentare problemi di tossicità. Per favorire l’inserimento delle meduse nella cucina italiana sta per uscire un ricettario, curato dal CNR in collaborazione con l’Istituto di Scienze delle produzioni alimentari e di importanti chef italiani e internazionali, che fornirà le indicazioni necessarie al loro adattamento alla gastronomia italiana.