Prende corpo sulla scena un mito della letteratura italiana del ‘900, le Sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi, che sono divenute un archetipo idiomatico nel linguaggio comune, anche da parte dei molti che il libro non l’hanno letto. Ma forse anche per il successo del testo al cinema e in tv (indimenticabili Sarah Ferrati, Rina Morelli e Nora Ricci, con Ave Ninchi governante, della infanzia televisiva nazionale). E’ Geppy Glejeses a prendere l’iniziativa, montando per l’estate di Borgio Verezzi (lo spettacolo sarà poi in tournée da gennaio) un inedito trio di «zitelle fiorentine» con Lucia Poli, Milena Vukotic e Marilù Prati (energica e complice governante Sandra Garuglieri).

La riduzione, veloce e garbata, di Ugo Chiti, fa scattare lo spettacolo come un flash affettuoso ed efficace su una intera società tra le due guerre, ma soprattutto su una dannata debolezza del costume nazionale. I cui principi e la cui laboriosità sono inevitabilmente destinati a franare sotto la spinta irresistibile del mammismo. Perché quello è il veleno più tremendo, che affligge le zie nei confronti del nipote, che ha facile gioco fino a mandarle in rovina assoluta, nonostante i loro ricami pregiati costituiscano un capitale ineguagliabile. Ed è sicuramente ascrivibile a Chiti l’ironia sottile in scena (pronta a diventare crudele senza rinunciare a un sorriso in volto) di questa meravigliosa quanto malinconica famiglia. Una icona insuperabile della nostra italietta, che ogni volta commuove e irrita, diverte e addolora per l’ingiustizia evidente, e il male che può nascere da quell’amore eccessivo.

Ma la regia di Glejeses (sulla traccia della riscrittura di Chiti), fa qualcosa in più, aprendo dalla periferia fiorentina di Coverciano uno squarcio verso la profonda e immobile campagna russa. A partire dalla bella scena di Roberto Crea: un tavolo e tre sedie in un grande ambiente a metà tra il laboratorio e il salotto, che si apre però, attraverso un grande arco, su un giardino alberato, dove suoni e rumori fanno echeggiare scherzi e risate, rombo di motori e disgrazie. E le tre Materassi, Teresa Carolina e Giselda, sembrano portare dentro di sé lo spirito, sempre sul punto di arrendersi ma mai vinto, delle loro colleghe cechoviane.

Lucia Poli più «burbera» e decisa con la sua cuffietta e il toscano che le fluisce per grazia naturale, Milena Vukotic perbene e formale ma sempre arrendevole, Giselda sottomessa alle sorelle ma donna «liberata» grazie a un’antica trasgressione amorosa, autonoma ed autarchica tanto da atteggiarsi a «giovane italiana». Ma la malinconia (se non il piacere della sconfitta) le domerà quietamente, anche se neppure loro vedranno mai la loro Mosca, ovvero il successo americano del nipote bugiardo e scialacquone. I toni non si faranno mai tragici, perché anch’esse, come il loro autore Palazzeschi ai suoi lettori, sembrano in fondo chiedere il classico «lasciatemi divertire».