Negli ultimi giorni le rivalità interne alle agenzie di intelligence egiziane sono ricomparse nei tentativi di ricostruzione dell’omicidio di Giulio Regeni. I nuovi elementi – più o meno veritieri, ma non ancora verificati – generano ulteriori domande, accanto alle tante che hanno accompagnato gli scorsi quattro mesi: perché Giulio, appena atterrato al Cairo, aveva già sulle spalle sospetti così gravi da farlo diventare preda succosa per esercito e servizi interni?

E perché sarebbe stato scelto come oggetto di scambio e ricatto, strumento di vecchie e nuove rivalità tra chi punta a scalare i vertici del regime di al-Sisi? Necessaria per muoversi nel complesso sistema di intelligence egiziano è la comprensione della sua struttura e le ragioni della lotta interna per il potere in un regime disfunzionale. Ad aiutarci nell’analisi è un attivista egiziano che per ragioni di sicurezza chiede di non essere identificato.

In primo luogo va fatta chiarezza sulle tre agenzie: «L’intelligence militare o Mi, sotto il Ministero della Difesa; l’intelligence generale o Ns, sotto la presidenza; e i servizi del Ministero dell’Interno, spesso confusi con la Ns perché il nome è tradotto in inglese in modo simile. Il dipartimento dell’intelligence del Ministero, quindi, non è collegato alla Ns: non è il ministro Ghaffar a controllare la Ns». La Ns è l’agenzia che secondo i documenti pubblicati da Repubblica sarebbe stata scavalcata dall’esercito e si sarebbe quindi vendicata facendo ritrovare il corpo di Giulio con accanto una coperta militare. Niente a che fare quindi con Ghaffar, almeno in via diretta.

Il Ministero, invece, ha al suo interno un dipartimento che prima di piazza Tahrir era chiamato Amn al-Dawla, Sicurezza di Stato o Ssis. Un dipartimento simile all’Fbi. A causa del pervasivo ruolo giocato sotto Mubarak, nel 2011 le sue sedi sono state prese d’assalto perché considerate simbolo della dittatura. Dopo la rivoluzione il Ministero lo ha sostituito con un nuovo dipartimento, al-Amn al-Watani, traducibile come Sicurezza Nazionale, allo stesso modo della Ns (in arabo al-Amn al-Qawni).

«Non esistono certezze in questo campo ma oggi l’intelligence militare, Mi, starebbe cercando di scavalcare la la Ns e per questo mette le mani sulle questioni più importanti per il paese – aggiunge l’attivista – Inoltre si dice che tutto stia finendo sotto la supervisione del generale Abbas Kamel, capo dell’ufficio del presidente al-Sisi e suo braccio destro». Ovvero il personaggio – secondo la ricostruzione di Repubblica – che prima avrebbe consegnato il fascicolo Regeni all’intelligence militare, togliendola alla Ns, e poi avrebbe minacciato di licenziare il ministro Ghaffar.

In Egitto, aggiunge l’attivista, molti sono convinti che il Ministero dell’Interno sia allineato con l’esercito contro la Ns. Se fosse così, sorgerebbero dubbi sul ruolo avuto da Ghaffar nel caso Regeni, ovvero la presa di posizione a favore della Sicurezza Nazionale. Dopotutto Ghaffar è considerato estremamente vicino al presidente al-Sisi per il quale porta avanti una campagna di repressione senza precedenti.

«La rivalità tra Mi e Ns è una lotta tra falchi e colombe. L’esercito punta ad una repressione totale di attivisti e difensori dei diritti umani e in generale ad un inasprimento delle misure contro la società civile. La Ns è più sofisticata, agisce in modo più politico. Ovviamente il contesto di tale rivalità è dato dai cambiamenti dei centri di potere dopo la rivoluzione: l’esercito è oggi la sola vera élite di governo».

Che lo sia non c’è dubbio: al-Sisi proviene da quell’ambiente e con la salita al potere si è garantito l’appoggio delle forze armate con un aumento consistente dell’autorità, attraverso nuovi regolamenti e stati di emergenza, con favori economici e ora con una probabile revisione del budget destinato alla Difesa. Nel bienno 2015-2016 è stato pari a 5.4 miliardi di dollari l’anno (mezzo miliardo in più rispetto al 2014), ma al parlamento non è dato sapere come sia allocato. Sopra vige il segreto di Stato. E l’obiettivo, aveva annunciato nel 2014 il Ministero della Difesa, è di portarlo a 8.5 miliardi entro il 2019, un +9,5% all’anno per 5 anni.