Quindici regioni superano la soglia limite del 30% di occupazione delle Terapie intensive: è quanto racconta lo studio del sindacato dei medici Anaao Assomed che mette in evidenza anche la grave carenza di anestesisti. «Da almeno 4 anni i bandi di concorso per questa disciplina vanno semideserti. Aumentare di 3.500 i posti di Terapia intensiva, come stabilito dal dl Rilancio, significa aver bisogno di 2.800 nuovi rianimatori. Se si considera che il saldo tra neo specialisti e pensionati quest’anno è negativo di 301, frutto di gravi errori di programmazione, ci si rende conto che non ci sono rianimatori sufficienti». All’appello mancano almeno 3.101 anestesisti.

In Italia, a inizio mese, «oltre il 40% dei posti letto di Ti era occupato da pazienti Covid, con punte regionali molto elevate (Lombardia 59%, Piemonte 57%). Non tutte le regioni partivano dallo stesso livello di dotazione di posti letto a inizio pandemia: il Piemonte aveva 7,3 posti letto di Terapia intensiva per 100mila abitanti, la Liguria 12,1. La Provincia autonoma di Trento 5,9».

L’Anaao sottolinea le «molte perplessità» sollevate dai dati pubblicati dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali: «I posti letto di Ti riportati periodicamente sul sito per alcune regioni sono addirittura superiori a quelli indicati dal dl Rilancio dello scorso maggio. Numeri che appaiono poco credibili: mancano medici rianimatori su tutto il territorio nazionale e mancano gli spazi fisici necessari per implementarli all’interno dei nosocomi».

Per il Veneto, ad esempio, «si ha il sospetto che i posti letto siano stati “dopati” per rimanere in zona gialla: al 4 dicembre vengono dichiarati mille posti di Ti (513 letti in più rispetto al 2018 pari al 105% in più), un numero talmente elevato da essere poco credibile. Non risulta poi che per questi posti aggiuntivi sia stato assunto il personale necessario». Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao, spiega: «Per lavorare in sicurezza in Terapia intensiva sono necessari un anestesista e 3 infermieri ogni 6 posti letto per turno. Poi ci sono anche i turni di guardia, la sala chirurgica, la preospedalizzazione. Quindi in Veneto ci vorrebbero 433 anestesisti e oltre 1.200 infermieri per dichiarare mille posti letto».

Capitolo vaccinazioni anti Covid. Il governo ha previsto un piano da 110 milioni (fondi che dovrebbero essere appostati nella legge di Bilancio) per 3mila medici e 12mila infermieri. Per il reclutamento sono state scelte 5 agenzie interinali che incasseranno in totale 25 milioni di euro. I ministeri della Salute e dell’Università vorrebbero coinvolgere i medici specializzandi (30mila), che incasserebbero crediti formativi e un rimborso forfettario. Prevista anche la possibilità di impiegare i dipendenti del Servizio sanitario nazionale ma al di fuori dell’orario di lavoro attraverso prestazioni straordinarie.

«Ci sono gli ospedali, i medici di base, i dipartimenti di igiene e prevenzione, i distretti sanitari – spiega Palermo -. Le strutture e il personale sono sufficienti a patto di organizzare un forte supporto logistico. E poi ci sono gli specializzandi ma anche 9mila camici grigi, cioè i laureati che non sono riusciti quest’anno a entrare in una scuola di specializzazione: si possono coinvolgere ma a patto di retribuirli regolarmente per il lavoro che svolgeranno».

Giovanni Leoni, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, boccia l’idea degli specializzandi: «È un’attività tecnica, ha poco a che fare con la formazione. Per le vaccinazioni sono necessari bandi per medici e infermieri che non hanno lavoro». E il sindacato degli infermieri Nursing up: «Il governo coinvolga gli ambulatori e i paramedici che vi operano, oltre 30mila. Ma vanno retribuiti degnamente, non c’era bisogno di selezionarli con le agenzie esterne, che costano fiumi di denaro. Con 25 milioni si potrebbero pagare 915 infermieri in più per 9 mesi».