In una delle bozze della legge di stabilità, probabilmente la quinta datata 22 ottobre ore 20,30 c’è la conferma che il Fondo sanitario 2016 è stato fissato a 111 miliardi, compresi gli 800 milioni vincolati ai nuovi Lea da approvare entro febbraio prossimo. Le Regioni con disavanzo sanitario (Lazio, Abruzzo, Calabria, Molise, Sicilia, Calabria, Piemonte, Puglia) e in piano di rientro potranno aumentare le aliquote fiscali locali per sanare i debiti. Oppure aumentare i ticket. L’aumento delle tasse, e anche dei ticket, non è un’ipotesi di scuola, ma una certezza. Sergio Chiamparino che si è dimesso in maniera irrevocabile dalla presidenza della commissione delle Regioni ha confermato: «Se il Fondo sanitario nazionale non dovesse rivelarsi sufficiente – ha detto ieri a «Radio 24» – alcune Regioni che ora non lo sono rischierebbero di finire in Piano di rientro e, a quel punto, l’incremento delle imposte sarebbe inevitabile. Con un adeguato aumento del Fondo, questo pericolo sarebbe invece scongiurato alla base».

Ora, il problema è capire se il miliardo in più (circa 900 milioni di euro, in realtà) accordato dal governo al fondo nazionale sia sufficiente per le esigenze del sistema sanitario. Diventa «incapiente» se ci fosse un vincolo sui Lea, dunque l’aumento si ridurrebbe. Poi i soldi per i rinnovi contrattuali. Stanno nel Fondo o no? Non bisogna nemmeno trascurare i farmaci innovativi e quelli salvavita. A questa domande, ribadite ieri da Chiamparino in un’intervista a La Repubblica il governo non ha ancora risposto. «C’è una grande confusione» ammette il governatore della Toscana Enrico Rossi che esclude l’aumento dei ticket nella sua regione, una delle più virtuose al punto da essere stata presa ad esempio per la riorganizzazione delle aziende uniche ospedaliero-universitarie in un’unica struttura formata da ospedali e policlinici universitari.

«Il mio pensiero – continua Rossi – è che l’aumento di un miliardo del fondo sanitario è appena sufficiente ma lascia scoperto il problema del rinnovo dei contratti e degli investimenti. Inoltre, le aperture del governo per un intervento più massiccio sul problema dei farmaci contro l’epatite C sono importanti.

Dalla Puglia, si fa sentire il governatore Michele Emiliano che ricorda un altro aspetto dello strappo di Chiamparino: la richiesta del decreto «Salva-Regioni» necessario per non far collassare i bilanci delle regioni. Emiliano rilancia la tesi della riforma del regionalismo previsto dalla Costituzione. «Oppure meglio abolire le regioni». Sullo sfondo c’è il dibattito sul ritorno della Sanità allo Stato. La ministra della Salute Lorenzin aveva definito «un grave errore» averla concessa alle regioni, con il boom del debito e della corruzione che la sanità alimenta (l’ultimo caso è l’Ospedale Israelitico a Roma). L’uscita ha fatto irritare i governatori. Ma il tema c’è, anche senza testo definitivo di una legge ancora ieri fantasma. Emiliano sostiene che se il governo pretende di tagliare la sanità (negli ultimi anni ha eliminato 14 miliardi al fondo nazionale) «non c’è nulla di male a restituire gli ospedali al governo centrale e se li gestiscano loro».

Nell’impazzimento provocato dagli annunci di Renzi e del suo governo gli odontoiatri del Fnomceo, insieme ai sindacati di categoria, confermano la mobilitazione del 28 novembre a Roma a sostegno del servizio sanitario nazionale. «Il sottofinanziamento porta inevitabilmente al razionamento delle risorse utili a rispondere ai bisogni di salute delle persone» scrivono in una nota.
Verso la mobilitazione anche Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato che giudica l’ipotesi di un aumento dei ticket «un accanimento contro i malati e il Ssn». «Dal 2008 al 2014 c’è stato un aumento del 26% dei ticket sanitari sui conti delle Regioni. Insieme al taglio di 4 miliardi di euro al Fondo sanitario nazionale per il 2016, la situazione è drammatica» sostiene il coordinatore nazionale Tonino Aceti.