Philip K. Dick sosteneva che il pubblico maggiormente in sintonia con lui era quello dei francesi. E certo non a caso una delle più belle biografie su di lui (non quella più “scientifica” o “informata”, ma anche questo è molto “dickiano”) è quella del francese Emanuele Carrere che la intitola Io sono vivo e voi siete morti facendo esplicito riferimento ad Ubik, una delle più belle opere dickiane, forse quella maggiormente “in-finita”. E proprio i francesi di Cryo sono gli unici ad arrischiarsi a tentare nel 1998 una trasposizione videoludica di questo capolavoro. Una trasposizione a dire il vero assai imperfetta, ma comunque intrigante.

Ed ora ecco arrivare dai francesi di DONTNOD un gioco, il loro primo gioco (pubblicato da Capcom per PC, Ps3 e Xbox360), che sembra uscire dalla fantasia di Philip Dick. Come per Total Recall il tema è quello dei ricordi e della loro manipolazione che si trasforma in una mutazione della realtà stessa. In Remember Me i ricordi sono uno dei beni più preziosi e la società che li gestisce, la Memorize, attraverso il dispositivo dell’Engine Sensation (Sensen) di cui ha dotato tutti i cittadini controlla di fatto la società, estirpando ricordi dolorosi e impiantandone di felici. Anche i ricordi possono pericolosi e lo scopriamo subito nei panni della giovane Nilin imprigionata nella Neo-Bastiglia dove le stanno dolorosamente estirpando e cancellando tutti i ricordi. Nonostante la sofferenza che le provoca, il processo però non riesce a cancellarle completamente la memoria, e gli esperti stimano necessario un processo ancor più radicale. Mentre Nilin barcolla – e noi con lei – verso il suo fato, improvvisamente ci contatta attraverso il Sensen (che evidentemente non è solo un terminale di ricordi ma anche una porta di accesso alle rete) un misterioso Edge che ci da le istruzioni necessarie per sfuggire alla completa cancellazione e dalla Neo-Bastiglia. Edge ci rivela che eravamo una delle più potenti agenti della sua organizzazione di Erroristi in lotta contro il potere. Un potere che si erge su una Neo-Parigi del 2084 – che ricorda la Neo-Tokyo del 2019 sconvolta dai conflitti – divisa tra i pochi eletti benestanti e la maggior parte della popolazione indigente fino all’abbruttimento totale dei Leapers, creature in cui la vera e propria dipendenza dalle memorie fornite dal Sensen ha portato a mutazioni fisiche ed alla follia.

Come Nilin dovremo combattere non solo per recuperare i nostri ricordi, ma anche per mutare la realtà riscrivendone i ricordi cruciali. Le fasi più appassionanti del gioco sono proprio quelle dove Nilin hackera il Sensen di personaggi fondamentali e remixa i loro ricordi in modo da farli agire secondo il suo volere. Questo avviene dando al giocatore la possibilità d’intervenire su alcuni elementi significativi d’una sequenza animata apparentemente non modificabile in modo da cambiare l’esito del ricordo in un modo che possa essere positivo per Nilin e per noi. Ma oltre al remixaggio, Nilin ha anche la possibilità di visualizzare tracce mnemoniche di altri personaggi che le sono amici e che la guidano attraverso percorsi fitti di guardie e pericoli.

Anche il combattimento – contro le guardie, contro i mutati sub-umani, contro i vari boss – ha a che fare con i ricordi. Col progredire del gioco infatti Nilin ricorda sempre nuove abilità che divengono “Pressens” ovvero pulsanti da inserire in combo personalizzate che il giocatore potrà utilizzare di volta in volta in maniera efficace contro ogni approccio dei nemici. Forse il combattimento è però l’elemento più debole del gioco perché – nonostante le combo personalizzabili – si tratta di un aspetto particolarmente ripetitivo che diventa in alcuni casi ostico senza rivelarsi interessante come ad esempio contro i boss. Molto più intriganti gli enigmi “ambientali” che dovremo superare per proseguire il gioco in un ambiente graficamente stupendo, o anche solo per recuperare bonus speciali che ci verranno rivelati da disegni “segreti” lasciati sul percorso dai nostri alleati.

Per certi versi neppure Remember Me è un gioco perfetto, eppure il modo in cui spira “Francia” da ogni suo poro, il modo in cui si rifà stupendamente alle tematiche non solo dickiane, ma anche a quelle cyberpunk in salsa manga, senza peraltro citare nulla direttamente, non può lasciare insensibili. Qualche critico in rete ha parlato di gioco indie con una distribuzione major: forse senza arrivare a tanto dobbiamo applaudire un approccio diverso (non originale, ché i francesi hanno sempre avuto un modo loro per creare videogiochi) ed assolutamente interessante al videoludico.