La maschera triste di Petrushka. Lo scandalo de L’Après-midi d’un faune. La modernità rivoluzionaria de Le Sacre du Printemps. Una vita consumata tra genialità e follia. Vaslav Nijinskij, dio della danza del primo Novecento, autore di quei Diari che continuano a essere un libro culto sul rapporto tra vita e arte, è al centro di uno dei titoli più attesi della trentaduesima edizione di Bolzano Danza. Al festival, cominciato questa settimana con ospitalità di artisti di rango come Alonzo King e Aakash Odedra, in esclusiva nazionale al Teatro Comunale arriva mercoledì prossimo Nijinski, complice un coreografo sempre più in luce per personalità e originalità del vocabolario: Marco Goecke, artista residente allo Stuttgart Ballett, nato a Wuppertal 44 anni fa, coreografo di cui ne hanno intuito il valore maestri come Pina Bausch, che dodici anni fa lo invitò al suo festival internazionale di danza, Jíi Kylian, John Neumeier.

Goecke ha all’attivo creazioni firmate, oltre che per lo Stuttgart Ballett, per il Nederlands Dans Theater, il New York City Ballet, la Gauthier Dance. È per quest’ultima versatile compagnia di Stoccarda, 16 danzatori tra cui il rapinoso italiano Rosario Guerra, che nasce Nijinski: «Da tempo pensavo alla storia di Nijinski per un balletto a serata intera», dichiara Goecke. «Non si tratta soltanto di una vita singolare, ma della vita di un danzatore e di un coreografo, un soggetto molto vicino a me». Goecke, vincitore nel 2006 proprio del Premio Nijinski, nonché considerato nel 2016 coreografo dell’anno dalla rivista Tanz, colpisce per la qualità di un linguaggio vibratile, una danza che ha un tempo frenetico, che ci scuote dall’interno.

«Il motore del mio lavoro è l’angoscia, può diventare una fonte di speranza. Rendere l’angoscia visibile e palpabile per trasformarla in bellezza», dice Goecke nel documentario rivelatorio A fleur de peau, realizzato da Manon Lichtveld e Bas Westerhof (visionabile su arte.tv), nel quale l’artista ci porta dentro la passione per il teatro scoperta a 14 anni, gli attacchi di panico, iniziati da giovane, la meraviglia della creazione. «Sfuggire dal corpo, scappare dai propri limiti è quello che cerco di fare con i movimenti veloci del mio vocabolario», spiega l’artista.

In Nijinski ci saranno dieci quadri, ma attenzione: «Non sarà un balletto narrativo in senso tradizionale», avverte l’artista. «Sono un coreografo di ’passi’. Io parto dal movimento e dall’aspetto emozionale che può far scaturire». Info sul festival su www.bolzanodanza.it