Da quando per iniziativa congiunta della Fondazione Cini e del Pentagram Stiftung, le mostre de Le Stanze del Vetro sono sbarcate all’Isola di San Giorgio non hanno mai smesso di meravigliare per scelta e qualità degli argomenti. Tuttavia con l’esposizione in corso dal titolo «Una fornace a Marsiglia, Cirva» (fino al 31 luglio), si è voluto far conoscere una realtà inedita dell’arte vetraria, quella di un’istituzione statale che in modo «atipico, discreto e poco noto», come racconta la sua direttrice, Isabelle Reiher, in catalogo (Skira), accompagna dal 1986 artisti da tutto il mondo affinché il vetro si aggiunga al loro «bagaglio espressivo». Al Centre International de Recherche sur le Verre et les Arts plastiques, (l’acronimo di Cirva) – in origine scuola d’arte di Aix-en-Provence – da più di trent’anni si sostiene la sperimentazione per realizzare oggetti, sculture e installazioni in vetro mettendo in comunione le mani e i polmoni di esperti artigiani con l’inventiva dell’artista di turno ospite.

NON C’È CHE RESTARE perplessi, nel lodare l’intraprendenza francese, sul fatto che mai nessuno dei nostri enti statali non solo non abbia mai saputo immaginare un laboratorio come quello marsigliese, ma durante tutto questo tempo non abbia intrapreso con esso delle relazioni (non solo espositive) affinché il destino del nostro più illustre artigianato non si riducesse a paccottiglia da vendere ai turisti. I risultati della straordinaria «avventura umana» vissuta collettivamente al Cirva è documentata dalla selezione delle opere di diciotto artisti: dieci nelle sale monografiche allestite nella sede consueta delle Stanze del Vetro, otto alla Fondazione Querini Stampalia, dove la mostra si estende per la prima volta.
La visita s’inaugura con le grandi unghie (Ongles, 1987) di Giuseppe Penone – «primo utensile della scultura» – poggiate su rami e foglie secche. Si prosegue con i fragilissimi e trasparenti fogli ondulati (Characters, 1987) di Thomas Kovachevich che insieme alla stereometrica scultura di Larry Bell dalle cangianti sfumature color metallo, contrastano con il caleidoscopio di colori usati sia da Pierre Charpin per i suoi cilindri di varie combinazioni sia da Lieven De Boeck per i suoi mattoncini Lego e le barre sottili di vetro stirato e serigrafato (Mikado LDB Modulor, 2012).

AL CIRVA non ci sono limiti a sperimentazioni tecniche e di linguaggio: dalle trasparenti sagome rigonfie e organiche (Marseille Template, 2004) di Terry Winters ai patafisici e polimaterici pezzi di Erik Dietman. Solo nei vasi (Concept, 2004) spessi e traslucidi di Robert Wilson oppure nei piatti (Plats, 1999) di Martin Szekeley si ritrovano oggetti apparentemente a noi più vicini. Tra gli artisti in mostra alla Fondazione Querini Stampalia segnaliamo l’installazione di James Lee Byars, Le Petit Ange rouge (1991), composta da 333 sfere di vetro rosso che disegnano a pavimento un grande arabesco e la scultura Gravità 0° di Remo Salvadori (2017): una massa di vetro solida ed essenziale che al termine della mostra appare chiosare l’acquea leggerezza della Laguna.