Nella tradizione ebraica vi è una preghiera che si chiama «Shemà – ascolta»: la si recita più volte al giorno e la conoscono anche i bambini. In essa il Padre Eterno dice: «Metterai le parole che io ti comando nel tuo cuore le insegnerai ai tuoi figli pronunciandole quando riposi in casa, quando cammini per la strada, quando ti addormenti e quando ti alzi».

LA STESSA FORMULA di invocazione laica che Primo Levi mette quale incipit di Se questo è un uomo: «Meditate che questo è stato, vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore, stando in casa e andando per via, coricandovi alzandovi, ripetetele ai vostri figli». Senza questo racconto, prosegue Levi riferendosi alla Shoah – lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale – e assumendo i toni di una maledizione biblica «vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi».
L’atto del raccontare è veramente consustanziale all’identità ebraica e alla sua tradizione, religiosa e non solo: la Bibbia viene raccontata ogni sabato nelle sinagoghe di tutto il mondo, il Talmud – il testo per antonomasia della tradizione ebraica – è sostanzialmente la storia di una discussione infinita che attraversa i secoli e che continua a interrogare il presente.

PER TUTTI QUESTI MOTIVI Storytelling – le storie siamo noi – il titolo della 19/a edizione della Giornata europea della cultura ebraica che avrà luogo domani – propone programmi diversificati in cui il racconto si dispiega in storie che vanno dal cibo al teatro, dalle narrazioni alle mostre, dai concerti alle visite guidate.
Tutte modalità in cui la parola è strumento di incontro con la cultura di una minoranza presente in Italia da oltre duemila anni. Noemi Di Segni, la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane che coordina la giornata sottolinea: «Oggi più che mai è necessario usare le parole con attenzione, con delicatezza. Per narrare il nostro tempo, i nostri valori, le nostre idee con la dovuta accuratezza e responsabilità». Curiosità e storie sono quindi la chiave delle centinaia di manifestazioni che si terranno domani in quindici regioni e ottantasette località in Italia: alle tradizionali «porte aperte» in sinagoghe e musei ebraici si aggiunge un numero sempre crescente di enti locali e associazioni del territorio che partecipano all’iniziativa anche in luoghi dove la presenza ebraica manca da secoli. Genova sarà la città capofila.

«DOPO LA TRAGEDIA che ha colpito la nostra città – spiega il presidente della Comunità ebraica genovese Ariel Dello Strologo, riferendosi al crollo del ponte Morandi – ci siamo confrontati con il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e con il sindaco Marco Bucci. Assieme a loro abbiamo deciso di non rinunciare. Sarà un ulteriore segnale della generale volontà dei genovesi di reagire, costruttivamente, con iniziative e progetti che confermino la vitalità di una città che non vuole dichiararsi sconfitta».
Così stasera si inizia alla sinagoga di via Bertora 6 con lo spettacolo Il Bignami di Mosè. La storia delle tradizioni orali e musicali del popolo ebraico, di e con l’attore e cantante Eyal Lerner, mentre domani le iniziative nel capoluogo ligure saranno segnate dalla commemorazione delle vittime per poi proseguire con l’intervento Raccontare per vivere. Raccontare è vivere del rabbino Benedetto Carucci Viterbi, docente di esegesi biblica e letteratura rabbinica. Poi l’incontro con Andrée Ruth Shammah, regista teatrale e direttrice del Teatro Parenti di Milano, intervistata dall’attrice e regista Miriam Camerini.
A ricordare l’ottantesimo anno della promulgazione delle leggi razziali ci sarà l’inaugurazione genovese della mostra La razza nemica, proveniente dal Museo della Shoah di Roma. Sempre alla Sinagoga, alle 16, la tavola rotonda Letteratura ebraica tra tradizione, modernità e lingua, con Laura Salmon, Shaul Bassi, Sarah Kaminski e moderatore David Bidussa. Al Teatro della Tosse alle 20.30, si potrà assitere allo spettacolo Il violinista sul tetto – Fiddler on the roof, storico musical composto da Jerry Bock ambientato in un immaginario villaggio ebraico della Russia zarista e tratto dai racconti di Sholem Aleichem. Un classico del teatro ebraico-americano.

TRA LE INIZIATIVE che vanno dall’Accademia del Cedro a Santa Maria del Cedro in Calabria, a Palermo o a Merano o Udine decisamente particolare è il programma proposto a Venezia dove – come scrive Eli Wiesel «quando un ebreo non ha una risposta da dare, ha sempre una storia da raccontare». Nasce così Raccontami una storia di Paola Rossi, una produzione CoopCulture / La Piccionaia con una performance di silent play che coinvolgerà con l’utilizzo di radioguide gruppi di 30 persone per volta, a ciclo continuo, in un’esperienza di ascolto attivo e immersivo della durata di 15 minuti. Una voce narrante conduce i partecipanti, li interroga, narra brevi storie, propone loro di compiere dei gesti, in una trama delicata in cui ognuno è libero di rispondere a suo modo. La stessa iniziativa si svolgerà anche nei Musei ebraici di Firenze, Siena e Padova.
Ma il calendario delle iniziative è molto ricco e variegato e si può consultare sul sito: ucei.it/giornatadellacultura/programmi-2018/