Annuncia querele Lotti, annuncia querele Ermini. L’ex ministro dello sport, braccio destro di Renzi, e l’attuale vice presidente del Csm sono coinvolti in maniera diversa dallo scandalo che sta travolgendo l’organo di autogoverno dei magistrati e le correnti di centro e destra della magistratura associata. Dalle intercettazioni disposte dalla procura di Perugia, e pubblicate diffusamente a indagini in corso, Lotti viene fuori come il regista di un accordo tra toghe per le nomine negli uffici giudiziari più importanti, a cominciare dalla procura di Roma del dopo Pignatone, mentre Ermini come uno che, nominato grazie al medesimo asse tra Lotti e le correnti di Unicost e Magistratura indipendente, si era poi messo di traverso rispetto ai piani elaborati negli incontri notturni tra toghe e politici del Pd – incontri regolarmente ascoltati dalla Guardia di Finanza grazie al trojan inserito nel cellulare del magistrato Palamara.

E così eri, letta su alcuni giornali la ricostruzione di incontri ai quali con gli stessi protagonisti – Lotti, Palamara, l’ex leader di Magistratura indipendente e oggi parlamentare del Pd Ferri – sedeva anche Ermini, il vice presidente del Csm ha replicato che si trattava di occasioni riferite al periodo della sua elezione, durante il quale «ho avuto contatti con tutte le componenti della magistratura ma non ho partecipato a vertici per parlare di nomine». Garantisce allora Ermini, a conferma della rottura che avrebbe operato con il suo grande elettore Lotti, che «dal giorno della mia elezioni il mio unico e costante punto di riferimento è sempre stato il presidente della Repubblica». Del resto, aggiunge il vice presidente del Csm – annunciando le «opportune iniziative giudiziarie sia civili che penali» – Lotti, Ferri e Palamara «mi consideravano un ostacolo per il raggiungimento dei loro piani come provano i toni e le espressioni che usavano nei mie confronti».

Lotti, invece, annuncia querele perché «i principali quotidiani pubblicano intercettazioni senza che nessuno si chieda se sia lecito oppure no. Alcuni giornali poi, utilizzando una frase di Palamara, non mia, provano a raccontare un mio interessamento sulla vicenda Consip: come si capisce bene leggendo, niente di tutto questo è vero». Nelle trascrizioni delle intercettazioni pubblicate, in effetti, si legge che Palamara, che ambiva alla carica di procuratore aggiunto di Roma nel caso fosse riuscita la nomina di Viola a successore di Pignatone, spiegava a Lotti che avrebbe potuto convincere il nuovo procuratore capo a chiudere il caso Consip (per il quale c’è una richiesta di rinvio a giudizio per favoreggiamento a carico di Lotti). Anche Palamara è intervenuto ieri, sostenendo che «il mio discorso era chiaramente ipotetico e riferito al passato, tant’è vero che riguardava il commento della vicenda Scarfato già ampiamente valutata dalla procura». Ancora nessuna dichiarazione, invece, è arrivata dal giudice Piercamillo Davigo, leader della corrente Autonomia e indipendenza nata alcuni anni fa da una costola di Magistratura indipendente e indicato da Ferri, nelle intercettazioni, come «il nostro alleato, più alleato Davigo che Ermini». E in effetti il consigliere di Ai nella commissione del Csm che si occupa degli incarichi direttivi ha votato, come desiderato da Lotti, Ferri e Palamara, per la nomina di Viola alla guida della procura di Roma (e quindi contro i due candidati considerati più in continuità con Pignatone, nell’ordine Lo Voi e Creazzo).

Sempre ieri, la corrente centrista di maggioranza relativa delle toghe nel Csm, Unità per la costituzione (Unicost), finita schiacciata dall’inchiesta di Perugia per il coinvolgimento dell’ex presidente dell’Anm Palamara e di due consiglieri in carica (che hanno lasciato), Spina e Morlini, ha rivolto «pubbliche scuse a tutti i magistrati italiani» per accadimenti che «costituiscono un tradimento istituzionale e un tradimento dei principi del non collateralismo e del pluralismo», promettendo «un percorso di rifondazione del gruppo». Da Unicost è arrivato così il via libera a ipotesi di riforma del sistema elettorale della componente togata del Csm, di cui parlerà il vertice di maggioranza tra Conte e i ministri Bonafede (M5S) e Bongiorno (Lega) mercoledì prossimo, escludendo però «l’incostituzionale sorteggio».