La maratona accelerata sulla contestata riforma delle pensioni è iniziata ieri all’Assemblée nationale. L’obiettivo del governo è arrivare all’approvazione entro il 3 marzo, prima delle elezioni municipali, dei 65 articoli, 29 decreti, contro i quali sono stati presentati 41mila emendamenti (23mila dalla France Insoumise e 13mila dal Pcf). In commissione, il testo “groviera” della legge – così lo ha definito il Ps perché è pieno di buchi – era stato contestato da 22mila emendamenti e visto che non è stato possibile esaminarli tutti (solo 5.566 sono stati passati al vaglio), da ieri i deputati dibattono sul testo “zero”, quello del governo. L’obiettivo dell’opposizione, infatti, non è emendare la legge, con l’intenzione di migliorarla, ma fare ostruzione, mettendo il governo con le spalle al muro: o ritira la legge oppure deve farla passare con il 49.3, cioè mettendo la fiducia. Questa sarebbe la prova che la legge «non è democratica», per il segretario della Cfdt, Laurent Berger, «uno scandalo»: cambia radicalmente il sistema pensionistico, influendo quindi sulla vita di tutti i cittadini, che però la contestano in maggioranza e quindi viene fatto ricorso all’arma del passaggio forzato, senza rispettare i tempi del dibattito parlamentare. L’opposizione ieri però non ha trovato l’unità per presentare una mozione di censura contro il governo, il Ps non l’ha approvata.

A questo punto, nessuno sembra voler più discutere dei contenuti di una riforma, che all’inizio era stata concepita come uno strumento di eguaglianza, che avrebbe unificato i 42 sistemi esistenti attualmente, che non tengono conto dell’evoluzione attuale del lavoro, per riportarli tutti in un meccanismo “a punti”, dove ogni euro pagato in contributi avrebbe lo stesso valore per l’ottenimento della pensione. Ma con il passare del tempo e con l’esasperazione delle tensioni, nessuno capisce più niente sulla legge, l’opinione pubblica, all’inizio possibilista, è ormai sempre più ostile. Molti punti devono ancora essere precisati, a cominciare dal valore del “punto” e dalle garanzie per i lavori “usuranti”. I costi del periodo di “transizione”, tra i 42 vecchi sistemi e il nuovo “a punti” stanno gonfiando a vista d’occhio e persino nella maggioranza La République en Marche c’è chi chiede chiarimenti. «Ci si chiede se è dilettantismo oppure se il governo vuole solo confondere le carte», dice la Cgt. Il primo ministro, Edouard Philippe, ha finito per allontanare chi era favorevole inserendo nella legge un aumento dell’età pensionabile – “l’età di equilibrio” – che, pur conservando i 62 anni per andare in pensione, prevede un “malus” fino ai 65. Ieri, c’è stata una nuova giornata di sciopero, ma è stata poco seguita.

In questo contesto infuocato, ieri i deputati non hanno più visto la ministra della Sanità e della Solidarietà, Agnès Buzyn, che doveva difendere la legge. Al suo posto, il suo vice (che tra l’altro era relatore della legge e che dovrà venire sostituito), Olivier Véran, 39 anni, che è stato nominato ministro al suo posto in tutta fretta domenica. Angnès Buzyn è ormai la nuova candidata En Marche per la carica di sindaco di Parigi. Sostituisce Benjamin Griveaux, crollato e dimesso a causa di una sex tape. Buzyn era uno dei pochi pezzi grossi del governo. Adesso deve assicurare l’eredità pesante di Griveaux, riprendendo un programma già contestato. Il candidato En Marche era ormai crollato al terzo posto, dietro la sindaca uscente, Anne Hidalgo (Ps, anche se nasconde il simbolo del partito) e Rachida Dati, per la destra dei Républicains. Agnès Buzyn cerca di recuperare il dissidente Cédric Villani, che presenta una lista. Ma il matematico ha posto ieri delle condizioni, in vista di un’eventuale alleanza per il secondo turno: En Marche dovrebbe riprendere i temi ecologici (5 miliardi per il clima), gli impegni sulla democrazia (tirare a sorte un consiglio di cittadini) e i progetti per un allargamento del comune di Parigi alla “metropoli” (i comuni della banlieue). In più, Villani prevede un’alleanza con i Verdi parigini, ma il candidato David Belliard sta facendo una campagna anti-En Marche.