La Mostra torna sul Lido con un cartellone sfarzoso, molte star hollywoodiane, le major e quei titoli della prossima stagione tra i più attesi come Dune, reboot di Denis Villeneuve – nel cast Timothée Chalamet e Zendaya – The Last Duel di Ridley Scott, ambientato in Francia durante la guerra dei cent’anni – protagonisti Matt Damon e Adam Driver (entrambi fuori concorso). E poi, in concorso, Spencer il film di Pablo Larrein su Lady D – interpertata da Kirsten Stewart – Jane Campion e il suo The Power of the Dog – una delle due produzioni Netflix in corsa per il Leone, l’altra è quella di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio, che uscirà anche in sala.

IL DIRETTORE della Mostra Alberto Barbera, ha detto di aver dovuto fare delle rinunce – «Non c’era spazio per tutti, abbiamo lavorato tanto già nei mesi invernali, e abbiamo visto una qualità più alta come se la pandemia avesse stimolato la creatività. Sono ottimista per la salute dell’industria cinematografica». Nella doppia conferenza stampa in presenza e in streaming, insieme a Roberto Cicutto, presidente della Biennale, hanno anche chiarito dubbi e perplessità sulle norme sanitarie divenute centrali nello svolgimento di ogni evento – ma su questo la Mostra aveva funzionato perfettamente già lo scorso anno. Per accedere alle proiezioni (capienza in sala a metà) e all’area del festival verranno chiesti il Green pass – o un tampone negativo a chi non è vaccinato che si potrà effettuare gratuitamente nei centri messi a disposizione dalla Mostra – e in modo da semplificare le cose sia il certificato «verde» vaccinale che i test saranno registrati sugli accrediti.

Il programma della Mostra dunque che sarà inaugurata da Pedro Almodovar e dal suo Madres Paralelas, e che vede sempre in gara tra gli altri Paul Schrader con The Card Counter in cui Oscar Isaac è un ex militare divenuto giocatore d’azzardo, Mona Lisa and the Blood Moon è firmato da Ana Lily Amirpour, già premio della giuria nel 2015 con The Bad Batch, Stephane Brizé con Un autre monde. Come abitualmente è alta la presenza italiana in ogni sezione – i set sono stati molto attivi durante il lockdown, ora la scommessa sono la sala, il pubblico. Cinque i titoli in gara (su un totale di 21) tra i quali troviamo la magnifica sorpresa di Il buco di Michelangelo Frammartino, uno dei nostri filmmaker più fuoriclasse – il suo Le quattro volte è un riferimento prezioso per molti giovani autori – che racconta la scoperta negli anni Sessanta dell’Abisso del Bifurto, tra le grotte più profonde al mondo. E dei bei ritorni come quello di Mario Martone con Qui rido io sulla vita del grande attore comico e commediografo napoletano Edoardo Scarpetta – a cui dà vita Toni Servillo, protagonista insieme a Silvio Orlando anche del nuovo film di un altro sguardo di grande sensibilità cinematografica come Leonardo Di Costanzo, Ariaferma – fuori concorso – che il regista definisce «Un film sull’assurdità del carcere» (con ZServillo c’è Silvio Orlando).Sempre in concorso invece oltre appunto Sorrentino, il ritorno di Gabriele Mainetti Freaks Out, e i fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, con America Latina in cui ritrovano Elio Germano.

Nessuna regista italiana in gara – il cinema italiano è maschio? si chiedeva qualcuno sui social. Al di là della battuta questo dato solleva forse qualche domanda sul sistema nazionale – a Cannes le registe francesi in concorso erano tre. Per Barbera la questione delle «quote rosa» | o del 50-50 non è un metro di giudizio nella valutazione delle opere selezionate – fu tema di polemica con Lucrecia Martel, in giuria due anni fa – e d’altra parte la Mostra lo scorso anno ha consegnato il Leone d’oro a una regista, Chloe Zhao per un film quale Nomadland in cui la «qualità» si legava a una serie di istanze del momento che hanno sicuramente contribuito al premio Oscar.

SI PUÒ ESSERE d’accordo con lui nel senso che una vera parità si basa sull’equidistanza di giudizio, sull’Italia però sappiamo che non è così, è difficile perché lo è il sistema ma ci sono molte registe brave (specie nel documentario di ogni generazione) che andrebbero sostenute – Barbera ha detto pure che in gara le registe sono cinque invece che otto come lo scorso anno – «La pandemia ha pesato più sulle cineaste». Già.

Ne è un esempio Laura Bispuri, negli Orizzonti con Il paradiso del pavone, una festa di famiglia e il mistero dei sentimenti con Alba Rohrwacher e Charlotte Rampling. Sempre a Orizzonti Yuri Ancarani con Atlantide, e poi Oleg Sentsov (Rinoceronte), Rodrigo Plà (El otro Tom), Mohamed Diab (Amira).