Per parlare del nuovo romanzo di Michele Cocchi «Us» (Fandango, collana Weird Young) sia consentito offrire due giochi come coordinate di riferimento. Il primo è «America’s Army», creato dall’esercito statunitense per reclutare ed addestrare giovani alla collaborazione durante le missioni di combattimento. Il secondo è «Modern Warfare 2» (episodio del franchising «Call of Duty») e in particolare il controverso livello «Niente russo» dove il giocatore deve impersonare un terrorista durante un’attentato. «Us» è un immaginario videogioco multiplayer in cui squadre di tre giocatori sono impegnate in scenari ispirati realisticamente ai conflitti del Novecento. La prima squadra che supererà tutti gli scenari vincerà un cospicuo premio in denaro, ma per vincere ogni scenario occorre che la squadra riesca a portare a termine l’obiettivo assegnato in maniera concorde e facendo si che tutti i membri restino vivi.

Protagonista della storia Tommaso, un adolescente che da un anno e mezzo non esce dalla sua stanza, colto da prurito e dolori ogni volta che varca il cancello dell’abitazione. Abbandonati lo sport e la scuola, passa le giornate con le sue due maggiori passioni: il basket, di cui conosce a memoria partite e campioni, e i videogiochi, in particolare appunto Us. La sua squadra, oltre che da lui col «nick» Logan, è composta da Rin e da Hud. A Tommaso/Logan non interessano particolarmente gli «sparatutto» e del gruppo è quello che si potrebbe considerare il «regista», mentre Hud – maschio ed irruento – è quello che si getta nella mischia sparando e Rin, appassionata di anime, è invece quella specializzata a risolvere le situazioni silenziosamente grazie ad arco e katana. La vita diurna dell’«hikikomori» Tommaso è un perenne destreggiarsi tra la madre conflittuale e il padre solo apparentemente permissivo, routine variata dagli incontri con una psicologa e dall’osservazione notturna del tasso che gironzola tra orti e giardini in cerca di cibo. Ma la sera è impegnato a risolvere, non sempre con successo, situazioni nella Colombia delle Farc, nella Jugoslavia della guerra civile, nell’Etiopia occupata dalle truppe fasciste, ecc.

E, per certi versi, le dinamiche relazionali all’interno di «Us» non sono così diverse da quelle nella vita reale con Rin riflessiva e prudente, incline a scambiare confidenze non solo «in-game», e Hud perennemente irritabile e scostante. Ed è qui che ci aiuta la prima coordinata: «Us», come «America’s Army» aiuta i tre ragazzi a fare squadra, ad imparare a superare le debolezze individuali tramite la forza collettiva. A fidarsi l’uno degli altri per poter sopravvivere nel gioco. Anche perché – ed ecco la seconda coordinata – «Us» costringe i giocatori a vivere scenari drammatici che a scuola avevano seguito distrattamente ed annoiati. Ad un certo punto Hud/Luca afferma: «ho imparato più cose sulla storia del Novecento in due mesi che in dodici anni di scuola. Us ci costringe a essere vittime o carnefici, militari o ribelli, violenti o pacifici. All’inizio ti sembra uno sparatutto come gli altri, sei forte perché hai un fucile ma poi capisci che avere un’arma non è decisivo, che nella vita… si può scegliere, si deve scegliere». È la missione della strage nei campi di Sabra e Chatila nel 1982 in cui, messi di fronte a corpi violati, martoriati, fatti a pezzi di uomini, donne e bambini, il gruppo si rompe: Rin, inorridita, si disconnette e non si presenta più alle missioni.

L’impossibilità di proseguire il gioco induce Tommaso a mettersi alla ricerca nel mondo reale dei suoi compagni e, contro ogni previsione, a trovarli. Solo per rendersi conto che la nuova missione da compiere assieme non sarà nel mondo virtuale di «Us», ma piuttosto in quello reale, di fronte alle contraddizioni delle rispettive famiglie e alla necessità di scegliere chi aiutare, se profughi in fuga o ronde fascioleghiste a caccia d’immigrati clandestini al confine tra Italia e Francia. Alla necessità, per Tommaso, di uscire dal guscio della stanza, di confrontarsi col mondo esterno, grazie all’aiuto degli amici per potere lui stesso aiutare loro. Se il romanzo di Michele Cocchi, psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza, parte un po’ didascalicamente in bilico tra le descrizioni della psicologia di Tommaso, del gameplay del gioco, delle ambientazioni storiche dei livelli, diventa una lettura trascinante man mano che riesce a farci entrare nelle paure e nei desideri del protagonista. Mano a mano che ci rendiamo conto che la distinzione tra virtuale e reale può essere meno chiara di quanto ci aspettiamo e che le scelte etiche che compiamo nei mondi virtuali possono definirci anche in quella che consideriamo la realtà.