Dal vecchio confine «con la Yugo» fino alle Rive qui soffia la bora del fascio-leghismo. Prima una specie di pulizia etnica del vice sindaco Paolo Polidori, poi le ronde di Forza Nuova e Casa Pound spaccano (e imbarazzano) perfino la giunta di centrodestra o Forza Italia.

Un clima tutt’altro che funzionale alle celebrazioni del mezzo secolo della Barcolana, maxi-regata velica in programma il 14 ottobre che ha dovuto «strappare» il manifesto di Marina Abramovic (We’re All In The Same Boat) giudicato filo-migranti.

TRIESTE capitale dell’intolleranza, del razzismo e dei rigurgiti fascisti non merita nemmeno una dichiarazione del Viminale o del neo-governatore leghista Massimiliano Fedriga.

PREFETTURA E QUESTURA sono in silenzio, mentre il sindaco berlusconiano Roberto Dipiazza si trincera dietro la sintetica affermazione: «Non concordo, ma comprendo le ragioni». Paradossalmente, l’azione delle squadre notturne fasciste in città (con l’annunciato sconfinamento in Val Rosandra) risveglia i cattolici di Fi come Bruno Marini: «Simili episodi irritano e preoccupano. Abbiamo già condannato il blitz di Polidori, irrituale ma non così grave. Le ronde invece suscitano preoccupazione, il mantenimento dell’ordine pubblico non è compito dei cittadini» afferma convinto.

TUTTO COMINCIA A FINE AGOSTO. Centinaia di migranti sull’ultima rotta balcanica, che fa tappa a Sarajevo, approdano fin dentro il «salotto» di Trieste. Il governatore Fedriga annuncia la mobilitazione della Forestale a presidio dei confini.

Ma Polidori non aspetta nemmeno il suo Capitano di palazzo Chigi: sgombera un gruppo di pakistani e afghani davanti alla Capitaneria di porto. Per il vice sindaco leghista, Trieste va immediatamente «ripulita» dai migranti che dormono per terra con gli zaini come cuscino. Sono le stesse scene dell’autunno scorso a Gorizia, con la galleria Bombi trasformata in dormitorio d’emergenza fino all’intervento del sindaco Rodolfo Ziberna nei confronti dei migranti, che in passato si erano dovuti accampare perfino in riva all’Isonzo.

MA A TRIESTE L’ATMOSFERA delle ultime settimane si è avvelenata all’insegna del più becero nazionalismo. Nel mirino gli ambulanti abusivi, la prostituzione, i migranti in generale. Un pretesto per schierare le truppe dei fascisti in versione terzo millennio. Le ronde hanno guadagnato visibilità mediatica fino a diventare un’ingombrante concorrenza politica ai seguaci di Salvini.

Per Denis Conte, coordinatore regionale di Forza Nuova, sono «passeggiate» ispirate dalla lettura del quotidiano Il Piccolo. In realtà, si dimostrano funzionali alla manifestazione nazionale di sabato a Rimini: «Rimpatrio subito!» tuonano i manifesti affissi anche in Friuli.

E C’È ANCHE UN UOMO-SIMBOLO del «Prima gli italiani» che slitta dal Carroccio a Forza Nuova. Fabio Tuiach, classe 1980, portuale con la boxe nel sangue (è campione d’Italia dei pesi massimi). Tre anni fa sale sul ring della politica, dopo le risse ai bagni «Topolini» di Barcola. Si candida con la Lega Nord alle Comunali: secondo con 524 preferenze conquista un seggio nell’aula di piazza Unità d’Italia. E diventa un caso. Fanno scandalo le sue esternazioni: Maometto? «Pedofilo». Femminicidio? «Un’invenzione della sinistra». Fino all’apoteosi del like filo-nazista. La Lega è costretta a espellere il suo vice-capogruppo in Comune.

TUIACH NON BATTE CIGLIO e si converte a Forza Nuova. Senza smettere con esternazioni clamorose come quella recente, dedicata a don Massimo Biancalani, che dirige il centro per migranti di Pistoia: «Ogni tanto per sbaglio finisco sul profilo del prete sodomita che ringrazia Allah per i bei maschioni palestrati africani da coccolare e portare in piscina…». Insomma, Trieste come trincea per «pugili e picchiatori di Forza Nuova» (sempre Tuiach). Lo conferma Fabio Vallon, presidente dell’Anpi che «guarda con estrema preoccupazione la riedizione locale delle squadracce fasciste rinominate ronde». E anche Michele Tarlao, segretario regionale Silp Cgil, che le censura come illegali e aggiunge: «Potrebbero degenerare in alcuni reati ed esporre gli stessi cittadini, che partecipano volontariamente ai “pattugliamenti” a concreti rischi. E potrebbero screditare, ostacolare, e in taluni casi, vanificare il lavoro delle forze di polizia».