A palazzo Chigi e al ministero della Salute c’è grande preoccupazione sull’impatto del Dpcm che vedrà la luce tra domani e giovedì. Sarà un provvedimento duro, che limiterà fortemente la vita degli italiani nel periodo di Natale e Capodanno, un periodo molto più sensibile rispetto a quelli vissuti a partire da marzo.

Ma è proprio il parallelo con Ferragosto a spingere i tecnici e il governo a mantenere la linea dura. Il refrain è lo stesso da giorni: «Se ripetiamo gli errori di Ferragosto, con 7-8 milioni di italiani in viaggio, il contagio torna a dilagare». Ma le notti di Natale e Capodanno sono molto speciali: e imporre il coprifuoco alle 22 è una scelta difficile, che esporrà il governo all’impopolarità, senza trascurare il rischio che gli italiani, a differenza di marzo-aprile, decidano di disobbedire.

E, se di fronte agli assembramenti all’aperto le forze dell’ordine possono intervenire, nelle case ci si potrà limitare alle raccomandazioni. O alle multe per chi dopo le 22 verrà sorpreso in giro. Ma è difficile immaginare che Conte voglia usare la mano pesante.

OGGI I MINISTRI Roberto Speranza e Francesco Boccia (con il commissario Arcuri) incontrano le regioni per l’ultimo confronto sul Dpcm che partirà il 3 dicembre e durerà fino all’Epifania, poi il premier vedrà i capidelegazine della maggioranza. Giovanni Toti (Liguria) anticipa alcune richieste dei governatori: «Consentire gli spostamenti tra regioni dello stesso colore e accorciare il meccanismo di uscita dalle zone rossa e arancione, che nell’attuale Dpcm è di tre settimane». E ancora: chiusura dei confini con le nazioni alpine che riapriranno le piste. Richieste destinate a riaccendere lo scontro col governo. Domani Speranza illustrerà il Dcpm in Parlamento, dove ci sarà un voto. Nelle ore successive la firma di Conte.

LE REGIONI ALPINE, dalla Valle d’Aosta fino al Friuli Venezia Giulia stanno tentando in extremis di salvare lo sci, e hanno presentato al governo una proposta per aprire gli impianti solo agli ospiti degli alberghi e delle seconde case. Ma la proposta quasi certamente sarà bocciata. I governatori pensano anche a come bloccare gli assembramenti per lo shopping natalizio. «A Torino domenica ho visto cose inaccettabili, servono interventi rigorosi», dice il presidente del Piemonte Alberto Cirio.

PREMESSO CHE A NATALE e Capodanno i ristoranti saranno chiusi anche nelle regioni gialle, e che chi andrà all’estero al rientro dovrà fare la quarantena, anche tra i partiti della maggioranza la discussione verte sulla possibilità di spostamenti tra le regioni. Il divieto ci sarà, dovrebbe durare dal 20 dicembre al 6 gennaio, si discute delle deroghe, in particolare se consentire di far visita ai genitori anziani fuori regione, o agli studenti fuorisede di rientrare a casa anche se non hanno più la residenza. «C’è un confronto che andrà avanti», ha detto ieri Boccia. «Per me rigore e distanziamento sociale devono prevalere su qualsiasi esigenza, sono per regole chiare, non interpretabili».

BOCCIA, INSIEME A SPERANZA e Dario Franceschini rappresenta l’ala più rigorista. Ma Italia Viva e anche il M5S hanno dubbi, e lo stesso Conte è preoccupato da misure così drastiche. E infatti si ragione se spostare il coprifuoco alle 24 le sere di Natale e Capodanno. Zingaretti schiera il Pd: «A chi dice “riapriamo tutto” rispondo “errare è umano perseverare è diabolico”. La curva sta calando solo grazie alle regole di contenimento, un’altra esplosione del contagio sarebbe un colpo verso l’economia e il lavoro». Dalle Ue arriva una bozza delle linee guida per le festività: «Evitare cerimonie religiose».

In queste ore i tecnici dell’Istituto superiore di sanità non danno tregua al premier: «La politica vuole il consenso e vogliono rassicurare i cittadini, ma chi ha detto la verità in maniera brutale ha fatto bene alla salute e all’economia», avverte il prof. Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza. «In questo momento ci sono 300 casi per 100mila abitanti, solo quando la curva sarà a 50 potremo permettere riaperture e una vita quasi normale».

I NUMERI SONO IMPIETOSI: secondo i dati dell’Iss a novembre in Italia ci sono stati oltre 800mila casi di Covid, con 12.904 vittime. «La pandemia ci accompagnerà per un anno e mezzo circa», la previsione del presidente dell’Iss Silvio Brusaferro. I dati di ieri: pur con un numero minore di tamponi (solo 130mila), i nuovi positivi sono stati 16mila, per la prima volta in novembre si è scesi sotto la soglia dei 20mila. Ma le vittime sono ancora 672. L’indice di contagio risale leggermente dall’11,7 al 12,5%, tornano a crescere i ricoveri +308, mentre calano ancora le terapie intensive (-9 per un totale di 3744).