Stime economiche ottimistiche, mentre la crescita è calante. Misure che possono avere un impatto ben più limitato di quanto indicato. Traiettoria di rientro del debito vaga. L’altrettanto vaga proposta su «quota 100» delle pensioni, spacciata al momento come un intervento di «abolizione» della «riforma» Fornero peserà comunque sui conti pubblici. Ieri la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Def) è stata smontata pezzo per pezzo dalla Banca d’Italia e dalla Corte dei Conti, oltre alla bocciatura dall’Ufficio parlamentare di Bilancio. Quanto all’Istat ha ribadito che le prospettive a breve termine di crescita dell’economia non sono favorevoli.

Le perplessità più forti sono venute da Bankitalia. I calcoli del governo sono basati su moltiplicatori troppo alti, i trasferimenti alle famiglie, la spesa sociale e «gli sgravi fiscali» hanno effetti «congiunturali modesti e graduali nel tempo». Lo stop all’Iva potrebbe non impattare sulla crescita, se le famiglie avessero già dato per certo il «non aumento». Opposizione alla «riforma» delle pensioni. La «Fornero» garantisce sostenibilità al sistema ma anche «equità intergenerazionale». Lo stesso vale per il cosiddetto «reddito di cittadinanza» che andrebbe calibrato per evitare che sia un «disincentivo» al lavoro. Il sussidio non dovrebbe prescindere, si sostiene, da una revisione completa dei centri per l’impiego. E andrebbe fissato, ha insistito Banca d’Italia, tenendo conto che il beneficio nella media Ue è inferiore al 50% della soglia di povertà. Mentre nella proposta in discussione si arriverebbe al 100%, i famosi 780 euro.

Bocciate le misure «una tantum», a partire dal condono ribattezzato «pace sociale», con il quale il governo ambisce a colmare una cifra al momento imprecisata nella maxi manovra che arriverebbe a 40 miliardi di euro. «Coperture temporanee o clausole di incerta applicazione». O il ricorso ad «anticipi di entrate», come compare nella Nota quando si fa riferimento agli acconti fiscali, smentiti però da esponenti di governo. Da evitare anche «sanatorie o mitigazioni del prelievo su limitate tipologie di soggetti» perché minano la percezione stessa, dicono i magistrati contabili, dell’equità del sistema.

Continua anche l’allarme sullo «spread». Per Via Nazionale le oscillazioni dei tassi di interesse non hanno un costo solo per lo Stato, che spende di più per ripagare il debito, ma anche sulle famiglie, imprese e istituzioni che lo detengono: «due terzi» sono in mano «a istituzioni e soggetti italiani». L’effetto è calcolato anche sulle banche che potrebbero anche vedersi «ridotta la capacità di fare credito». Ma il cuore delle osservazioni critiche resta il debito pubblico. Per i magistrati della Corte dei Conti è «il grande moltiplicatore delle turbolenze», in grado di «innescare un circolo vizioso con ripercussioni sull’economia reale». Ed è uno degli elementi di vulnerabilità che mette l’Italia più facilmente sotto tiro sui mercati. Il percorso per ridurlo «non appare rassicurante». Per Bankitalia, arriverà sotto il 100% tra diciotto anni.

Piccate, e iperboliche, le reazioni del governo, e dei Cinque Stelle. «Se Bankitalia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima si volta si presenti alle elezioni con questo programma. Nessun italiano ha mai votato per la Fornero» ha detto Di Maio. Dal Guatemala, su Facebook, si è fatto sentire Alessandro Di Battista secondo il quale la «governance» di Bankitalia va cambiata perché «è di fatto controllata dalle banche private che dovrebbe controllare e le banche private sono incazzate nere, non perché ci sarà deficit al 2,4%, ma perché, per la prima volta, si distribuiscono risorse alla povera gente e non a loro».