Metal, giappo, due ragazze total black con crocifisso e un concentrato heavy. Sono le BlackLab con Under The Strawberry Moon: ancora sconosciute in Italia, prendono la via dell’oscurità, con voci punk o rock modulate su fuzz che attorcigliano gli amplificatori. Sono proprio le distorsioni, le rumorosità, il non essere puliti a (paradossalmente oggi) renderle accese, vive e consumate allo stesso tempo. Noise/doom statunitense in salsa orientale, urlato in growl o in un cantato evocativo, espanso o paranoico, che per esempio in Spoon o in Warm Death è un divenire conturbato dalla chitarra che sembra clonata da Tony Iommi. Metal che diventa quindi quasi mistico, violento ma capace di contenere le sue esplosioni, senza mai raggiungere il frastuono delirante a cui ogni tanto ci abitua questo genere. Da Osaka, Yuko Morino e Chia Shirashi, affiorano dall’inferno con 8 tracce spietate, chiuse dagli 8 minuti di Big Muff, perennemente in bilico fra il confidenziale e l’attitudine di sparigliare i cliché. Ma con ordine.