Nel vedere le testimonianze drammatiche dei pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, a molte e molti è venuta in mente Genova del luglio 2001, di cui ci accingiamo a ricordare politicamente ed emotivamente il ventennale. Ci aiuta a ricordare un libro recentemente uscito per Derive Approdi (Da Seattle a Genova. Cronistoria della Rete No Global, pp. 315, euro 20) curato da Daniele Maffione, con prefazione di Marco Bersani. Perché tra Seattle e Genova non solo ci fu Porto Alegre nel gennaio 2001, ma ci furono «le quattro giornate di Napoli», dal 15 al 17 marzo. E Maffione è napoletano, nel 2001 meno che ventenne, attivo nei movimenti, o meglio, attivista no global, e poi anche altro. Quello del 2001 fu un movimento di massa che contestò i vari appuntamenti di governanti e ministri, che si riunivano – come ora si riuniscono – per mostrare pubblicamente chi ha le leve del comando.

IL LIBRO INIZIA CON UN «RACCONTO», ossia la descrizione dei preparativi frenetici e insieme meditati dei vari appuntamenti fino al grande corteo del 17 marzo. Dopo il racconto Maffione interviene annunciando dell’evento napoletano una «lettura gramsciana», vale a dire, mi permetto di aggiungere, una lettura attenta ai processi profondi, molecolari di quegli eventi, di quelle spinte, di quelle lotte contro-egemoniche.

Il libro si dipana attraverso l’analisi del contributo dei cattolici «altermondialisti» (ne abbiamo incontrati tanti e tante a Porto Alegre, preti e suore), e gli interventi di attivisti e attiviste sugli interventi programmati, pesanti, delle forze di polizia anche contro minorenni. La caserma Raniero, dove furono «deportati» i/le manifestanti anche dagli ospedali, fu l’anticipazione di Genova. Ed è interessante leggere che i due interventi, Napoli e Genova, avvennero sotto due governi di diverso colore politico, ma furono molto simili prima, durante e dopo i pestaggi, anche con i depistaggi. La mente ci porta all’oggi, in realtà.

A Napoli c’erano attivisti/e dal mondo, ma c’era il Sud, c’erano disoccupati e migranti; e dopo ci fu Cosenza con la rete del Sud Ribelle, che «riscrive la verità su Genova».

A Napoli si sperimenta anche una nuova capacità di comunicazione di attivisti/e che, sviluppando una vera e propria resistenza organizzata, promossero un «net strike» contro le «autostrade della globalizzazione» e sperimentarono un tentativo – riuscito – di intasare uno dei servizi bancari che offrivano la possibilità di compravendita di titoli azionari via Internet, oltre alle occupazioni, oggi diremmo «in presenza», di una serie di agenzie di lavoro interinale.

INSOMMA, NON SI TRATTÒ di una «semplice» manifestazione, ma di un vero sommovimento di massa, sulla base dell’idea che era possibile un «altro» mondo, che dopo la caduta del Muro c’era un’alternativa, e non si trattava di uno Stato-nazione che tentava di imporre «il socialismo per decreto», ma dell’idea di un mondo costruito dal basso, da donne e uomini che cominciavano a ritenere possibile abbattere la globalizzazione capitalistica a partire da sé e da una politica che si faceva, si fa in comune.

E voglio tornare alla prima parte, al lungo «racconto», alla folla di attivisti e attiviste che si muovono dalle facoltà universitarie occupate ai centri sociali. Qui troviamo Maddalena, una ragazza di Avellino che studia e fa politica a Napoli. In un viaggio militante Maddalena conosce a Zurigo una compagna, Isabel, che poi «scende» a Napoli per dare un mano. Maddalena si innamora di Isabel e, dopo aver reagito con sprezzante durezza a due maschioni che avevano detto «che schifezza due donne che si baciano!», si «libera» anche di un piagnucoloso e prepotente fidanzato. Il «racconto» dei preparativi degli eventi politici finisce sorprendentemente con le due ragazze che si amano. Ed è bello pensare che l’antagonismo sociale dia a Maddalena la forza consapevole della propria libertà femminile.