A naso – e questa volta conta più di certi sondaggi improvvisati – i giochi dovrebbero essere fatti. Tra quattro giorni si vota per le primarie del Pd, dette anche della “coalizione del centrosinistra” solo perché Sel, lacerata, partecipa sostenendo di fatto la candidata del sindaco, Francesca Balzani (almeno i “vertici”, per quel che possono orientare). Difficile che da oggi a sabato possa ancora accadere qualcosa di clamoroso in grado di ribaltare un pronostico che però sarebbe bene non dare per scontato: tutti dicono che vincerà Beppe Sala, pochi però ricordano che si diceva la stessa cosa di Stefano Boeri quando nel 2011 perse clamorosamente contro Giuliano Pisapia. Staremo a vedere.

Vero è che in cinque anni sono cambiate molte cose e che in queste settimane non si è registrata quell’effervescenza che poi prese il nome di “rivoluzione arancione”, esperienza politica di cui non è rimasta traccia nonostante la retorica che accompagna i discorsi dei due candidati più a sinistra. Altrettanto vero è che i due (Majorino e Balzani) – fallito ogni tentativo o supplica di farli convergere in un’unica candidatura – si stanno danneggiando a vicenda favorendo l’ex manager di Expo. Le primarie però non sono elezioni vere, e quindi bisognerà capire quanto i tre saranno stati capaci di motivare il loro elettorato di riferimento.

Giuliano Pisapia ha già fatto quello che doveva fare – un brindisi scontato pro Balzani che non si tradurrà in un plebiscito – e i tre candidati, dopo le ripetute interviste multiple di domenica scorsa, probabilmente hanno esaurito tutte le cartucce per farsi del male (almeno un po’, perché poi bisognerà far finta di restare uniti per battere un centrodestra non ancora pervenuto). La scena è sempre la medesima: il duo Balzani e Majorino, che non perdono occasione per rinfacciarsi reciproca inadeguatezza, attaccano Sala per i conti di Expo che sarebbero confusi e perché lui sarebbe il rappresentante del partito della nazione. Entrambe le accuse sono fondate, però la portata di Expo non si può ridurre a una questione di conti (Sala dice che il bilancio è in attivo di 14 milioni ma sono troppe le zone d’ombra); e l’accusa di collusione con Verdini lascia il tempo che trova perché Balzani prima di candidarsi è andata in pellegrinaggio da Matteo Renzi, il quale governa con i voti di Verdini. Restano primarie del Pd, anche se in quel recinto Majorino è il più coerentemente di sinistra.

Questi attacchi, inoltre, in prospettiva potrebbero anche risultare imbarazzanti, visto che gli attori delle primarie hanno giurato fedeltà a Beppe Sala qualora diventasse il candidato del centrosinistra.

Lui, da parte sua, incassa senza contrattaccare. Si presenta come il meno aggressivo dei tre, forse perché ha capito che non ha bisogno di cercare la rissa. O forse perché si sente già sindaco in pectore. Bastava guardarlo ieri mentre passeggiava su un’area degli scali ferroviari accompagnato dal ministro Graziano Delrio (è il terzo che si espone per lui) e dall’ex vicesindaco Ada Lucia de Cesaris – che dopo le inspiegabili dimissioni di luglio 2015 fu sostituita proprio da Balzani. Solo chi le conosce sa quanto poco sia amino le due donne forti della giunta arancione di cui tutti, a parole, si affannano a voler garantire la continuità. “Se dovessi diventare sindaco – ha detto Sala – si riparte proprio da questa ferita e nel giro di un anno puntiamo a completare l’iter per il via”. E Delrio sarebbe felice: “Conosco Sala e lo stimo, sarebbe un buon sindaco”. Chi si ostina a dire il contrario, tra pochi giorni, rischia di passare un brutto momento. Sono attesi tripli e anche quadrupli salti mortali.