Sono usciti, sul sito dell’Agcom, i numeri della vergogna. Quelli che certificano che con questo sistema tv in Italia il pluralismo è pura ubbia convegnistica e che dimostrano come, nonostante i warning ripetuti dell’Autorità (e stiamo parlando degli ultimi anni, sia chiaro) le tv pubbliche e private abbiano smarrito la strada, se mai l’hanno percorsa, di un’informazione autonoma dal potente di turno. In qualche caso anche quella del giornalismo tout court.

Qui, come si dice, carta canta: anche nel mese di luglio Salvini, sia come ministro dell’interno/vicepremier che come leader della Lega, ha avuto la parte del leone in tutti i telegiornali. E che parte! Dalle tabelle di monitoraggio si evince che i tiggì delle sette reti generaliste danno la parola a Salvini per 227 minuti, al premier Conte per 146, a Di Maio per 93, a Berlusconi per 63 (ma qui la quasi totalità, 56, gliela garantisce Mediaset), al segretario Pd Zingaretti per 53 minuti, al Presidente Mattarella, che viene praticamente quasi oscurato dal Tg4, per 43.

Questo quadro ci conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che il capo della Lega occupa ogni angolino dei nostri telegiornali, che ce lo presentano con ossessiva ricorrenza, cosi al lavoro (si fa per dire) come in vacanza, concedendogli il microfono o riprendendo i suoi video social per fargli dire quello che vuole.

E a nulla serve ridurre eventualmente, come hanno fatto i tg Rai ma non quelli Mediaset, lo spazio concesso a governo e maggioranza se poi la risultante è una scandalosa dispar condicio tutta a favore del capitano. Sia chiaro che non siamo ad una novità storica, visto che in passato uno spettacolo simile accadeva con Berlusconi al potere e che anche Renzi ha goduto di una visibilità del tutto eccezionale per tre o quattro anni.

Se questo è il catalogo complessivo del pluralismo italico in video, perdipiù con le elezioni alle porte e l’Autorità di Garanzia che dovrebbe vigilare scaduta il 26 luglio e in regime di proroga, qualche spunto di ulteriore imbarazzo ci viene dalle singole testate. Il Tg1 è l’unico dove Conte ha la primazia di parola che si meriterebbe un premier, con i due vice dietro quasi alla pari; il Tg2 di Sangiuliano, ca va sans dire, regala a Salvini il 24,23%, il doppio (24) dei minuti in cui parla di Di Maio (12) e molto più di Conte (14); il Tg3 concede una decina di minuti ciascuno ai due vice e 9 al premier.

Note più indecenti vengono dalla tv commerciale, un vero vulnus per un giornalismo che voglia definirsi tale, e in particolare dalla eterna anomalia Mediaset. Da queste parti a Salvini si aprono intere praterie: nei tre telegiornali berlusconiani totalizza infatti i tre-quarti della esposizione totale con 160 minuti di parola, il doppio di Conte e più del triplo di Berlusconi, ancora più lontano sono Di Maio con 43 minuti, per non dire di Zingaretti (25) e Mattarella (13) quasi inesistenti. Trattamento speciale anche per Forza Italia che a Mediaset viene di gran lunga sovrarappresentata. Sia il Tg5, il meno peggio, che il Tg4 e Studio Aperto restano gravemente sbilanciati sul partito azienda, che con i suoi esponenti raccoglie il maggior tempo di parola sia sull’ammiraglia (18%) che a Studio Aperto (30%) e rimane solo di poco dietro alla Lega al Tg4 (16%).

Ridicole le percentuali, ad esempio, che Studio Aperto riserva a M5s e Pd (il 4%), solo un po’ più accettabili sul Tg4: esempi di una reiterata clamorosa asimmetria che necessiterebbe di sanzioni serie piuttosto che di tolleranti valutazioni folkloristiche.

In ultimo c’è La7 dove Mentana sembra incapace di uscire dalla cornice appena disegnata: dietro un apparente equilibrio complessivo tra le forze politiche, ma non tra governo e opposizione, anche qui Salvini la fa da padrone con 11 minuti di parola, il doppio di Conte (6) e di Di Maio (5), poi 2 e mezzo vanno a Zingaretti e 84 secondi al presidente della Repubblica. Istruttivo anche il dato percentuale del parlato nelle singole testate: a Salvini Studio Aperto concede un inverosimile 35%, il Tg4 il 29, seguito dal TgLa7 con il 25. Amen.