Nel corso della vita i destini e le venture personali, lo sappiamo, sono spesso segnati da tornanti, bivi e finanche «porte girevoli». Capita così anche ad uno stesso gruppo di persone. Che, pur unite e coese tra loro, muovono i propri primi passi da uno stesso luogo ma, non di rado, finiscono per approdare in lidi molto diversi.

Il 12 giugno 1994, tre mesi dopo le elezioni che avevano segnato la discesa in campo e la vittoria di Berlusconi alleato della Lega Nord e dei missini, Gian Antonio Stella su «Il Corriere della Sera» pubblicò un’intervista a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti dal titolo eloquente: «Loro al governo noi all’ergastolo». Quel «loro» era riferito ai vari Storace, Fini, Alemanno e Gasparri che con i due terroristi dei NAR (condannati per numerosi delitti politici e per la strage di Bologna) avevano condiviso il punto di partenza iniziale della propria vita politica, ovvero quel Msi uscito dal ghetto e giunto alla guida del Paese.

Come ogni 7 gennaio Roma, nella consueta sconcertante cornice di inazione delle istituzioni repubblicane (evidentemente dimentiche che la loro genesi e legittimità derivano dalla Resistenza), ha dovuto assistere all’ennesima sfilata fascista fatta di cori e saluti romani nelle vie della città organizzata per commemorare i tre militanti del Msi uccisi nel 1978 presso la sede di via Acca Larentia: due, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, dal piccolo gruppo di estrema sinistra Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale ed uno, Stefano Recchioni, dalle forze dell’ordine in seguito ai successivi incidenti scoppiati tra neofascisti e polizia.

Intanto nel VI Municipio, l’unico governato dalla destra, nello stesso giorno si è svolto nei locali istituzionali del Comune un incontro pubblico promosso dal gruppo fascista Azione Frontale «salutato» dal presidente del Municipio Nicola Franco di Fratelli d’Italia. A contestare entrambe le iniziative ed a chiederne, invano, il divieto è stata la sola Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia e alcuni, purtroppo inascoltati, consiglieri comunali del Pd, a riprova di come l’antifascismo (ovvero la struttura valoriale e sostanziale su cui è stata combattuta con le armi la Guerra di Liberazione e scritta con la penna la Costituzione) nello spazio pubblico occupato dai partiti politici di oggi non goda di eccessiva attenzione se non in prossimità di appuntamenti elettorali.

Nel quadro della crisi pandemica, l’anno appena trascorso è stato segnato dal riemergere della presenza neofascista (manifestatasi tanto nelle piazze no-vax quanto nelle candidature in seno alle liste elettorali del centro-destra) che ha trovato il suo culmine nell’assalto alla sede nazionale della Cgil a Roma. Un fatto di inaudita gravità attorno al quale si alimentò per breve tempo un dibattito sullo scioglimento delle formazioni neofasciste di cui oggi si sono perdute le tracce e su cui il governo tace, mentre nella vicina Francia, proprio in questi giorni, il Consiglio dei ministri ha adottato un nuovo decreto (e non è il primo) di messa al bando di un gruppo di estrema destra per incitamento all’odio e alla violenza.

Un’associazione di idee e di immagini tra i fatti del 9 ottobre e la sfilata fascista dell’altro ieri però riporta la mente ad un altro 7 gennaio; al modo in cui in Italia si sovrappongono figure e parole senza lasciare nulla di sedimentato; al destino delle persone che cambia grazie alle «porte girevoli».
Un video della trasmissione Report dell’ottobre scorso, infatti, immortalava alla sfilata del 2008 per Acca Larentia il protagonista dell’assalto al sindacato, Giuliano Castellino (oggi in carcere per quei fatti) insieme all’attuale leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Di nuovo come nel 1994: uno in galera, l’altra alle soglie del governo.

Chissà se guardando in Tv le immagini degli esponenti dell’estrema destra parlamentare impegnati nei dibattiti alla Camera; nei negoziati con l’esecutivo del nemico/amico «quasi patriota» Draghi o nelle trattative per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, non sia sfuggito anche a qualche manifestante neofascista in piazza l’altro giorno un commento ironico come quello che Fioravanti lasciò a Stella parlando degli ex-camerati missini: «Capirà, li conosciamo da una vita…».