Oggi sul nostro giornale non leggerete nulla, né recensioni né interviste, sul nuovo film di Ken Loach, Sorry We Missed You, passato ieri in concorso al Festival di Cannes. Non è naturalmente una scelta, visto che Loach è un regista vicino per sensibilità, temi, sguardo sul mondo a questo giornale, le sue storie «politiche» rispecchiano quella che è il nostro tentativo quotidiano di raccontare il mondo. Siamo costretti a questo dalla politica decisa dal Festival che quest’anno ha voluto privilegiare alcune testate, quelle a suo avviso più «potenti» rispetto ad altre offrendogli un accesso privilegiato alle proiezioni del giorno che noi invece vediamo in orari serali, troppo tardi per permetterci di essere in pagina al momento della chiusura.
Questo tipo di discriminazione, oltre a essere estremamente sgradevole, ci impedisce di svolgere il nostro lavoro al meglio, nel rispetto dei film, degli autori, di chi ci legge offrendogli un’informazione che va in profondità , che parte dalle immagini, specie quando queste sono in stretto dialogo con la realtà che ci circonda. Pensiamo che il nostro sia un lavoro ancora importante, e che l’immaginario sia uno spazio prezioso nel quale cogliere e restituire i conflitti del nostro tempo. Un festival che dichiara costantemente come principio l’amore per il cinema dovrebbe permettere a tutti di confrontarcisi in modo serio. Mentre, paradossalmente – oltre a giornali come il nostro, che da sempre esplorano anche le parti meno banalmente «mediatiche» del programma – questo nuovo sistema di accessi penalizza gli stessi, film, creando una serie A (quella della proiezione diurna, quindi trattata puntualmente) e una serie B (quella su cui si arriva in ritardo, quindi sacrificata, ridotta a old news).