Cade quest’anno il cinquecentesimo anniversario della prima circumnavigazione del mondo a opera di Ferdinando Magellano. Partito dalla Spagna nel 1519, il navigatore portoghese non terminerà l’impresa, ma alcuni sopravvissuti riusciranno a tornare dopo tre anni di navigazione. È grazie ad Antonio Pigafetta, un vicentino che aveva partecipato all’impresa, se conosciamo i risvolti attraverso un dettagliato resoconto che riporta notizie e osservazioni dei luoghi, dei popoli e della natura delle terre toccate dalle navi di Magellano. Questo è uno degli esempi di come i viaggi hanno contribuito alla conoscenza di altri mondi e a ridisegnare la geografia. In un mondo in cui non era semplice spostarsi, erano gli esploratori a raccontare le scoperte fatte in luoghi lontani dando così vita al progresso scientifico.

Di tutto ciò parla Francesco Mezzalira, biologo e docente di scienze naturali presso il Liceo Brocchi di Bassano del Grappa, nel suo ultimo libro intitolato Viaggi e Scienza – Esploratori della Terra e della biodiversità, uscito nella ricorrenza del viaggio di Magellano.

In 400 pagine ricche di illustrazioni vengono affrontati dal punto di vista storico gli aspetti scientifici dei viaggi, dall’orientamento e localizzazione in mare alla storia delle scoperte geografiche, dalla rappresentazione degli animali e piante da parte degli artisti-viaggiatori alle teorie geologiche suggerite dalle osservazioni degli esploratori, dai progressi della cartografia agli strumenti di misura utilizzati nelle spedizioni scientifiche, fino alla raccolta di esemplari esotici per le collezioni naturalistiche.

Tante sono le storie proposte nel libro che ci fanno comprendere, a seconda dei secoli, cosa ha spinto esploratori e viaggiatori a intraprendere missioni in zone sconosciute e a raccontarle. Se nel XV e XVI secolo l’attenzione per i luoghi scoperti ed esplorati era secondaria e superficiale – cioè legato alla ricerca di animali cacciabili o piante che potevano fornire cibo o medicinali o ancora rivolto alle rarità o stranezze – con il XVII secolo aumenta l’interesse per le conoscenze botaniche, zoologiche, geologiche e antropologiche. Da qui la volontà di pubblicare testi con istruzioni per i viaggiatori affinché potessero eseguire delle osservazioni dei luoghi visitati e raccogliere reperti di interesse scientifico nonché il trasporto in Europa di animali e piante vivi. Nel XVIII secolo, invece, la ricerca scientifica diventa una forma di prestigio per i vari governi europei oltre che di supporto, e talvolta scusa, per fare nuove colonie. Il secolo successivo vede molti collezionisti inglesi disposti a pagare molto bene piante e animali esotici e questo fascino per la storia naturale era una fonte di reddito e alimentava innumerevoli viaggi, anche rischiosi, verso terre nuove. Alla fine dell’Ottocento, per esempio, una esploratrice inglese, Mary Henrietta Kingsley, decise di imbarcarsi per l’Africa occidentale per studiare, riporta Mezzalira nel libro, gli usi e i costumi degli indigeni e nello stesso finanziarsi mediante la raccolta di pesci, rettili e insetti. A bordo di una canoa percorse i fiumi del Gabon e del Camerun raccogliendo diverse specie di pesci che poi conservava in appositi recipienti sotto alcool. In seguito la sua collezione passò al British Museum di Londra.