Stasera la Francia leggerà i risultati delle elezioni europee prima di tutto con un occhio attento alle questioni nazionali. Il voto è stato volutamente impostato come un referendum su Macron da parte del Ressemblement national, come una partita di ritorno con Marine Le Pen (che è in fondo della sua lista per le europee) rispetto alle presidenziali del 2017. Ma non solo: praticamente tutti i partiti, anche a sinistra, sono schierati in questa prospettiva.

Dietro questa grande sfida, altre questioni nazionali sono in prima linea. C’è la battaglia per l’egemonia a sinistra di Macron, tra Europa Ecologia e La France Insoumise (gli ultimi sondaggi danno i Verdi con Yannick Jadot intorno al 9% mentre la lista guidata da Marion Aubry è sul 7,5%). Il Partito socialista, che solo un po’ più di due anni fa controllava tutto il potere, si gioca la sopravvivenza: la lista Envie d’Europe, guidata da Raphaël Glucksmann (Ps, Place Publique) nei sondaggi lotta con il 5%, soglia minima per conquistare dei seggi. Anche il Pcf spera di superare il 5% (anche se i sondaggi non sono per nulla ottimisti): intanto, ha già raggiunto un risultato, trovando nel capolista, il giovane Ian Brossat, un futuro leader. Benoît Hamon, ex candidato Ps alle presidenziali del 2017, leader di Génération.s, con la lista Printemps Européen alleata con Diem del greco Yanis Varoufakis, lotta invece addirittura per superare il 3%, soglia minima per avere il rimborso spese della campagna. Lutte ouvrière, con Nathalie Artaud e il sindacalista Jean-Pierre Mercier alla testa della lista Contre le gran capital, le camp des travailleurs, ha ricevuto l’appoggio dell’Npa, che non è riuscito a presentarsi.

All’estrema destra, Prenez le pouvoir, la lista del Ressemblement national guidata dal giovane Jordan Bardella, sta bruciando il terreno ai diretti rivali: Nicolas Dupont-Aignan (che nel 2017 aspirava al posto di primo ministro in caso di vittoria di Marine Le Pen) è in grandi difficoltà. La destra dei Républicains, che dopo il trauma delle presidenziali (lo scandalo Fillon e l’assenza al ballottaggio) cerca il rilancio, con il filosofo François-Xavier Bellamy, reazionario (anti-aborto) che mostra una faccia e dei modi gentili, sperando di limitare i danni (per i sondaggi è intorno al 13%, comunque una sconfitta secca per il partito che fu di Chirac e di Sarkozy).

Il governo di Edouard Philippe, più che Macron, oggi si gioca la sopravvivenza. Per il presidente, anche se Le Pen chiede le “dimissioni” se En Marche arriva seconda, in ballo c’è la seconda parte del quinquennato, la possibilità di imporre le proprie scelte in Francia e di contare in Europa, sia per l’indirizzo politico che per l’accaparramento delle cariche. A causa di una campagna mal partita e mal organizzata, guidata da Nathalie Loiseau (ex ministra, diplomatica di carriera, poca adatta al fuoco dello scontro politico), Macron è sceso in prima linea e stasera è a lui che saranno chiesti i conti. La sinistra, da domani, dovrà invece fare i conti con l’esplosione di rivalità, che troppo spesso è sfociata in attacchi frontali (Mélenchon contro Brossat, per esempio).

I gilet gialli, che oltre a Alliance jaune del cantante Francis Lalanne e Evolution citoyenne (con Christophe Chalençon, che aveva incontrato Di Maio), sono sparsi in varie liste, soprattutto all’estrema destra (ma qualcuno anche a sinistra), ieri erano di nuovo in piazza contro Macron per l’Atto 28 (scontri a Parigi e a Amiens). L’elezione ha luogo due giorni dopo l’attacco a Lione, che ha fatto 13 feriti leggeri, rimasto ieri senza rivendicazione.