Le parole per abitare la Medina
INTERVISTA Un incontro con la scrittrice britannica Diana Darke, autrice de «La mia casa a Damasco», per Neri Pozza
INTERVISTA Un incontro con la scrittrice britannica Diana Darke, autrice de «La mia casa a Damasco», per Neri Pozza
Acquistare una casa è sinonimo di mettere radici. Se poi la dimora si trova nella medina di Damasco, allora vuol dire creare un rapporto intimo con la città, conquistando uno spazio inedito nel cuore di una capitale malinconica e misteriosa. «In Siria mi sono sempre sentita a casa. Forse sono stata siriana, in una mia vita precedente».
Diana Darke, scrittrice britannica esperta di cultura islamica, è rimasta folgorata dal paese fin dal ’78, quando, per la prima volta, è atterrata all’aeroporto di Damasco. Poi, nel 2005, la decisione di acquistare la Bait Barrudi, letteralmente casa del venditore di polvere da sparo, una residenza d’epoca nella medina damascena. Attraverso gli aneddoti legati a quella dimora, alle sue stanze, Darke racconta la storia della Siria in una sorta di sineddoche letteraria. La mia casa a Damasco (Neri Pozza, pp. 299, euro 19,50) non è un vero e proprio romanzo, ma un testo ibrido, a metà tra manuale storiografico e autobiografia: «L’ho scritto così – ha spiegato l’autrice – nel modo che mi è sembrato più naturale. Una narrativa personale, mescolata al background storico, letterario, artistico, architettonico e anche politico del paese».
Questa sovrapposizione suggerisce una identificazione tra le due anime del libro, la sua e quella siriana?
La Siria è diventata parte della mia identità e mi interessa profondamente conoscere il paese e la sua gente. I siriani mi hanno insegnato tanto, hanno arricchito la mia vita in così tanti modi che non riesco a immaginarmi senza questa parte fondamentale.
Cosa l’ha spinta a comprare la casa a Damasco?
Pur avendolo letto da adulta e non da adolescente come avrei dovuto, La Storia di San Michele di Axel Munthe mi ha folgorata. Sentivo di stare realizzando un sogno: comprare e restaurare un bellissimo edificio antico, proprio come il medico Michele quando arriva a Capri a soli 18 anni e sente che quello è il suo posto d’elezione (La Storia di San Michele è un memoir del 1929, pubblicato per la prima volta in Italia nel ‘32, ndr). Per me era il momento giusto per farlo: avevo appena divorziato da mio marito dopo 25 anni di matrimonio. Lui avrebbe di certo proibito quell’operazione, che dal punto di vista finanziario mi costò quasi la bancarotta. Ma mi sentivo realizzata. Sentivo di avere dato un senso alla mia vita.
Ora che cosa ne è di questo edfificio antico?
Per ora è abitato da un architetto e dalla sua grande famiglia che si prende cura di tutto. Questa soluzione è vantaggiosa per entrambi. Ma il mio desiderio è che un giorno la casa diventi un istituto culturale che ospiti la tradizione artigianale del paese.
Da quanto tempo manca dalla Siria e quali sono i cambiamenti che ha notato rispetto all’ultima volta in cui c’era stata?
L’ultima volta è stata nel 2014, quando sono andata per liberare la mia casa da usurpatori che si erano installati all’interno senza autorizzazione. Sono rimasta lì, dopo averli cacciati con l’aiuto dei miei amici e vicini siriani e contro ogni previsione, per scrivere gli ultimi due capitoli del libro. Sono tornata quando ho capito di aver compreso la capacità di resilienza delle persone: le famiglie vivono senza generi di conforto, senza acqua corrente, nè elettricità. Ma il loro senso di comunità è molto forte: sono poveri ma felici. E questo, in Europa, non sappiamo cosa significhi.
I recenti avvenimenti geopolitici fanno pensare che la Siria verrà smembrata e ceduta in pezzi a contendenti stranieri…Il futuro della Siria dipenderà dalla Russia, dall’Iran, dalla Turchia, dagli Stati Uniti e dai curdi. Certamente la Russia e l’Iran, profondamente radicati in Siria, vorranno essere ripagati del loro sostegno dato al governo di Assad. Le risorse della Siria saranno divise, alla Russia i principali giacimenti petroliferi offshore nel Mediterraneo. All’Iran le miniere di fosfato vicino a Palmyra. (Il 28 marzo, è stato firmato un accordo cinquantennale per l’estrazione di fosfato nell’area di Pallida tra il governo siriano e una società russa, ndr). Ma finché gli Stati Uniti e le Forze democratiche siriane (Sdf) guidate dai curdi manterranno il territorio a est dell’Eufrate, conserveranno il 50% dei giacimenti d i petrolio e gas del Paese e il 55% dei terreni dove viene coltivato il grano. Per ora la vittoria di Assad è rimandata.
E l’Europa?
Posso parlare della Gran Bretagna: per ora siamo troppo impegnati con i postumi di Brexit. In generale, in Europa non esiste una politica coerente riguardo il conflitto siriano. Abbiamo fallito. Tutti.
In che misura questo libro aiuta a conoscere il paese, al di là degli eventi storici?
A ogni conferenza sulla Siria che facevo nelle scuole o nelle Università in Europa e negli Stati Uniti, mi rendevo conto che la stragrande maggioranza non aveva mai avuto la possibilità di visitare la Siria: perché erano troppo giovani quando il conflitto è iniziato, perché le finanze non lo consentivano. Così, mentre scrivevo, pensavo a loro. Questo libro li ha aiutati a sentirsi in Siria.
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