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Le parole che ci salvano

Finestre di Orosia Qui sulla Serra d’Ivrea l’autunno entra bizzarro, e giorni caldi di vigne si alternano a cieli di nuvoloni grevi. Al cohousing ci incontriamo sempre a fine estate per salutarci. L’“apericena” […]

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 13 ottobre 2018

Qui sulla Serra d’Ivrea l’autunno entra bizzarro, e giorni caldi di vigne si alternano a cieli di nuvoloni grevi. Al cohousing ci incontriamo sempre a fine estate per salutarci. L’“apericena” è pronta, ma gli amici non arrivano: acciacchi, contrattempi improvvisi, già valanghe di impegni e poca voglia di festa. Che succede? C’è solo Gelmo.

Gelmo tutti gli anni passa per un saluto all’Ernesto. Riempie il furgoncino di ogni ben di Dio e libri, riserve per l’Inverno, e risale alla sua baita. Poi la montagna ed il silenzio se lo inghiottono. Ma la tristezza di essere in pochi si trasforma in stupore ed estasi quando Smirna ci proietta e racconta della mostra fotografica arrivata a Torino, alla Reggia di Venaria da Marzo a Settembre, dopo un tour internazionale. Sebastião Salgado, brasiliano, grande fotografo mondiale contemporaneo, dopo un lavoro di 10 anni iniziato nel 2003, propone “Genesi”, da cui il libro Genesi (Taschen, Berlino 2013). Oltre 200 immagini bianco e nero, di grande incanto e potenzaraccontano la bellezza del nostro pianeta: foreste dell’Amazzonia, Congo, Indonesia e Nuova Guinea, ghiacciai dell’Antartide, Alaska, deserti dell’America e dell’Africa, del Cile e Siberia. L’obiettivo è mostrare la meraviglia di terre ecologicamente pure, allo stato primordiale e le loro biodiversità. E’ un grido di allarme, stimolo a guardare il pianeta diversamente e capire l’importanza di proteggerlo.

E’ evidente la fusione armonica degli umani con la terra. Lo psichiatra Josè Bleger la chiama “socialità sincretica”, base della socialità e identità umana. Le sue tracce sono sempre presenti nei “depositari sociali” (regole, comportamenti…): una certezza radicata nell’inconscio. Violenze all’ambiente ed alle sue creature le recano ferite profonde, traumi collettivi. Lola lavora coi migranti e piange rabbia sugli orrori cui quotidianamente assistiamo. Le conseguenze, oltre a paura e altra violenza, sono afasia, apatia, indifferenza. Olga sbotta: – Dobbiamo restare vivi dentro, non abbruttirci con diffidenza e chiusura. Così iniziamo a scavare parole e idee a noi care: kit di soccorso emotivo. C’è bisogno, dice Ernesto, di protezione emotiva individuale, ma anche collettiva: una parola che ci unisca, dia sollievo, ideale condiviso, libertà, uguaglianza. Per Pier queste parole sono troppo faticose. Eugenio Borgna in Le parole che ci salvano (TO 2017), scrive di speranza e responsabilità. Poi Gelmo accenna: – Guardatevi. Che ne dite della parola amicizia? Oggi è così difficile. Pensiamo a tutti gli amici che avremmo voluto questa sera con noi. Scriveremo loro che ci sono mancati e li aspettiamo.

 

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