Dire che l’editoria francese è in lutto, con tutto quello che ci succede intorno, può sembrare un’esagerazione. Ma la prospettiva che il rito della rentrée littéraire dovrà accettare i ritmi imposti da quel microbo di un coronavirus, che non ha nemmeno il buon gusto di farsi vedere in faccia, lascia sgomento l’intero mondo editoriale dall’altra parte delle Alpi.

Sintetizza bene questo umore plumbeo l’agente letterario Pierre Astier in un commento su Le Monde: «Per la prima volta da quasi trent’anni non sentiremo annunciare ad agosto il numero – abitualmente in crescita o almeno stabile – delle novità (francesi ed estere) in arrivo al ritorno dalle vacanze. Un calo sarà ineluttabile. Il distanziamento sociale avrà sopraffatto ciò che rappresenta il sale della vita editoriale parigina, le sottili relazioni pubbliche: colazioni, pranzi, cocktail, cene…».

Particolarmente colpiti dagli effetti del Covid-19 sono i premi letterari che in Francia, a differenza di quanto succede da noi, sono tutti o quasi concentrati in autunno, un «effetto a imbuto» (così lo definisce Astier) al quale ben poche case editrici francesi finora hanno voluto o potuto sottrarsi. Ma «il crollo del mercato editoriale in meno di due mesi ha scompigliato le carte».

Lo scenario incerto e affannoso descritto su Le Monde lo conosciamo bene, è lo stesso a cui assistiamo anche in Italia: «uscite dilatate nel tempo, riduzione dei programmi editoriali, ripensamento del marketing». Con l’aggravante, per la Francia, che il Salon du Livre, appuntamento primaverile obbligato per chiunque abbia a che fare con i libri a Parigi e (ampi) dintorni, è stato cancellato, mentre l’equivalente nostrano, il Salone del Libro di Torino, inaugura oggi una edizione speciale, tutta o quasi online, senza chiudere la porta all’ipotesi di una manifestazione «fisica» in autunno. Forse anche pensando a questo Astier – che fa parte della schiera degli ottimisti – intravede un’opportunità positiva nel disastro incombente: lo scossone brutale imposto dal coronavirus potrebbe essere l’occasione giusta per introdurre qualche cambiamento in un meccanismo irrigidito. Certo, la sua proposta – spostare alcuni premi dall’autunno alla primavera – non appare particolarmente audace, ma da qualche parte si deve pur cominciare.

In ogni caso, c’è chi in questi giorni a Parigi gioisce. È Eduardo Febbro, corrispondente dalla Francia del quotidiano argentino Página/12 che, andando in giro di boulevard in boulevard, si è accorto di una quantità di libri abbandonati sulle panchine, ma in bell’ordine, «non come rifiuti, ma in offerta». E di questa scoperta ha dato conto sul suo giornale in un articolo intitolato La biblioteca callejera (La biblioteca per strada).

Facile intuire l’origine del fenomeno: costretti alla clausura, sono stati molti i parigini che, resistendo all’impulso di trasformarsi in fornai della domenica, hanno rimesso in ordine le loro case. Presto «i cassonetti si sono riempiti di vestiti, vecchie pentole, soprammobili inutili, insalatiere rotte, piatti orribili, dvd, caricabatterie e un intero bazar di spazzatura varia». Ma i libri no, «non potevano rientrare sotto l’etichetta di immondizia». E dunque hanno trovato spazio sulle panchine o sui davanzali delle finestre, pronti per essere raccolti, tenuti o donati. «Sono stati scartati, ma non distrutti», conclude Febbro. «A volte rimangono lì e sono impregnati di pioggia o rugiada primaverile. Sono fragili come noi, seducono come noi, ridono, soffrono e si innamorano e poi raccontano storie, proprio come noi».