Visioni

Le ossessioni di Mary e i fantasmi di Beckett

Le ossessioni di Mary e i fantasmi di BeckettElisa Pol in «Ma perché non dici mai niente? Monologo» – foto di Ilaria Scarpa

A teatro «Ma perché non dici mai niente? Monologo» è il titolo dello spettacolo di Lucia Calamaro, portato in scena e interpretato dalla brava Elisa Pol. Regia di Maurizio Lupinelli

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 20 gennaio 2018

In un buco bianco di dimensioni domestiche, Mary si muove e parla col marito senza ricevere risposte, in un soliloquio che ne denuncia immediatamente la sua condizione sofferente. Annunciata dal titolo, Ma perché non dici mai niente? Monologo, la solitudine di questa donna abbandonata da tempo incalcolabile dall’uomo, che tuttavia continua ad amare, appare in tutta la sua grandiosa devastazione esistenziale. Un percorso paradigmatico nei meandri di una mente danneggiata, segnato da un marchio autorale riconoscibile e indelebile.

Autrice certo non avvezza ad affidare i suoi pezzi di teatro in altre mani, Lucia Calamaro ha dato questo testo a una brava Elisa Pol che, diretta da Maurizio Lupinelli (insieme formano Nerval Teatro), lo sostiene con grande convincimento, disegnando un personaggio granitico nella sua compostezza e nel suo bisogno di esistere e quindi resistere al di là di ogni ragionevole motivo. Ospitato al Teatro Biblioteca Quarticciolo, e in cerca di spazi dove replicare, il duo Pol-Lupinelli dà vita all’ordinarietà di una situazione che crea una rottura di senso e rende sublime Mary, nella sua gentile e misurata presenza.

Quella sua assurda normalità che la fa interloquire in una lingua quotidiana con l’assente, in attesa del suo improbabile ritorno. Il beckettiano Godot sembra digerito e depositato come fertilizzante del paradosso della normale follia, che annichilisce lo spettatore. Il dispiacere per la perdita e l’ossessione dell’attesa, nelle parole di Mary – che a volte non ricorda nemmeno il suo nome -, sembrano lievi, sopportabili e superabili, non siamo negli abissi di dolore fisico e psichico di Ritsos!

Al risveglio in un mattino qualsiasi, avvolta in una lunga vestaglia color malva, Mary-Elisa si presenta compita e con gli occhiali. Dovrebbe prepararsi il caffè e invece apre il rubinetto della coscienza, girando a vuoto in quel biancore della scena, un po’ sporcato dai ricordi di un insipido ménage e le considerazioni su un presente dissestato. Ironica e mobilissima, tra un tavolino e un mobiletto, l’attrice esegue un’incessante partitura di espressioni e gesti che accompagna gli slittamenti del discorso e le cadute nella disperazione, quasi a lambire la soglia dell’insostenibile realtà.

E diventano comiche le impennate dei toni, fino al turpiloquio soffocato proprio in quel contesto piccolo borghese che la rende incapace di accettare qualunque cambiamento.

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