L’aumento delle temperature che si registra nell’arco alpino determina non solo lo scioglimento dei ghiacciai e inverni con nevicate meno abbondanti, ma rappresenta una grave minaccia per la biodiversità. Lo studio degli ecosistemi montani ha assunto una grande importanza per comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici sulla distribuzione della vegetazione.

LE ORCHIDEE SELVATICHE CHE POPOLANO le regioni alpine sono tra gli organismi più evoluti e complessi da un punto di vista biologico per le relazioni evolutive che hanno stabilito con gli impollinatori e con specifici funghi presenti nel terreno. Ma negli ultimi decenni le orchidee alpine, presenti fino a 2600-2700 metri di altitudine, sono diventate importanti indicatori ambientali, sentinelle affidabili dei cambiamenti in atto. Tutte le piante di fronte all’alterazione degli habitat mettono in atto meccanismi di difesa per poter sopravvivere. Le orchidee alpine stanno scalando le montagne per sfuggire all’aumento di temperatura. Le specie che si trovavano ad una altitudine inferiore si stanno spostando a quote superiori alla ricerca di temperature medie più basse.

E’ QUELLO CHE E’ STATO DOCUMENTATO da uno studio dei ricercatori dell’Università di Padova in collaborazione con i botanici del Museo civico di Rovereto che da molti anni studiano la flora delle Alpi orientali. La ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale Nature Communications, abbraccia un arco di tempo di 30 anni e mette in evidenza le trasformazioni subite dal paesaggio alpino a causa degli interventi sul territorio (conversione dei prati naturali, insediamenti urbani, costruzione di impianti) e a causa dell’aumento delle temperature medie.

DELLE 80 SPECIE DI ORCHIDEE SPONTANEE presenti nell’area alpina, hanno resistito solo le varietà che si trovavano in zone protette. Ma questa protezione non è bastata a garantire la loro sopravvivenza. Numerose specie sono risalite lungo le pendici delle montagne per sfuggire all’innalzamento della temperatura. Il problema è che la velocità con cui si sta manifestando il riscaldamento è troppo elevata per consentire a tutte le specie l’adattamento negli habitat originari o la colonizzazione di nuovi habitat. Si afferma nella ricerca: «Analizzando le popolazioni di orchidee della regione alpina del Trentino avevamo osservato un declino di quelle più marginali. Alcune si erano spostate ed altre erano rimaste ferme, suggerendo che la temperatura non era l’unico fattore a determinare la dinamica. La maggior parte delle specie non è riuscita a spostare il suo areale in salita alla stessa velocità dei tassi di riscaldamento. Più del 50% delle specie non era stato in grado di tenere traccia del cambiamento climatico».

STA DI FATTO CHE NON TUTTE LE ORCHIDEE TROVANO gli ambienti adatti alle altitudini maggiori, restando bloccate dove la temperatura è aumentata e rischiando di scomparire, anche perché i cambiamenti termici modificano il rapporto tra piante e impollinatori. Sono numerosi gli studi effettuati negli ultimi decenni che hanno mostrato la relazione tra cambiamenti climatici e spostamento delle specie vegetali a quote più elevate. La rivista Nature ha pubblicato nel 2018 uno studio dal titolo: L’aumento accelerato della presenza delle specie vegetali sulle cime delle montagne è legato al riscaldamento. La ricerca ha analizzato più di 300 cime europee, mettendo in evidenza come negli ultimi 10 anni il numero di specie vegetali sulle vette delle montagne è aumentato di cinque volte rispetto al decennio 1957-1966. Il Progetto Gloria (Global observation research), che ha coinvolto i ricercatori di undici paesi diversi, ha analizzato i cambiamenti climatici e le modificazioni della flora in alta montagna, mostrando che sono le specie più sensibili a migrare verso l’alto.

ALL’INTERNO DEL PROGETTO GLORIA OPERANO i botanici del Museo civico di Rovereto che seguono due aree, una nelle Dolomiti e l’altra nel Parco naturale Gruppo di Tessa. Secondo le osservazioni del botanico Filippo Prosser, il limite superiore della vegetazione sul versante trentino del monte Vioz è salito di 49 metri negli ultimi 20 anni, con una velocità di 2,5 metri all’anno. Il record di orchidea più alta d’Europa lo detiene la Nigritella rhellicani, individuata a 3005 metri in Val di Valles, provincia di Bolzano. Salire sempre più in alto e a una velocità sempre maggiore per sfuggire al riscaldamento. Ma le piante, dopo aver raggiungono la vetta, devono arrestare la loro corsa, non possono andare oltre né ridiscendere. Se i processi in atto non subiscono una inversione sono destinate a scomparire.

LE ORCHIDEE SELVATICHE, DIFFUSE IN TUTTO IL PIANETA e di grande significato simbolico in tutte le culture, sono protette da leggi nazionali e internazionali. Sono circa 20 mila specie, per la maggior parte localizzate nella zona compresa tra i due tropici. In Italia sono 200 le specie spontanee, monitorate con dedizione da gruppi di studiosi. Le specie più numerose appartengono al genere Ophrys e Orchis. Il Gruppo italiano per la ricerca delle orchidee spontanee (Giros), fondato nel 1994 dal naturalista Paolo Liverani, annovera più di 500 volontari tra botanici, biologi e appassionati che studiano la distribuzione sul territorio italiano di questo importante patrimonio vegetale, favorendo la sua conoscenza e protezione. Nel 2009 l’associazione ha pubblicato la più importante monografia in circolazione, Orchidee d’Italia, poi aggiornata nel 2016, con la descrizione delle caratteristiche di tutte le specie e gli ambienti in cui vivono.

ANCHE IL PROGETTO ORCHIS, AVVIATO NEL 2008 nel Parco montano delle Orobie bergamasche, si propone di comprendere il comportamento delle orchidee spontanee e i loro complessi meccanismi riproduttivi per far fronte ai cambiamenti climatici e all’alterazione degli ecosistemi. In un ambiente ad elevata biodiversità come quello delle Orobie sono state individuate le specie di orchidee più a rischio ed è stata favorita la riproduzione e il ripopolamento in natura di 14 varietà. In Piemonte è attivo il Progetto LifeOrchids con lo scopo di preservare le 55 specie di orchidee presenti nella regione . Si vogliono istituire, entro il 2023, numerose aree, per un totale di 500 ettari, destinate alla custodia delle piante. Ma a causa dell’aumento medio delle temperature si registra un altro fenomeno: lo spostamento verso latitudini superiori di molte specie vegetali.

I MONITORAGGI EFFETTUATI NEL REGNO UNITO dal National plant monitoring scheme, in uno studio che ha preso in esame 30 habitat, seguendo il comportamento di 30 fiori selvatici, mostrano che diverse varietà di orchidee si spostano verso nord. Le orchidee palustri, che un tempo erano diffuse solo nella parte meridionale, ora le troviamo nella regione di Newcastle, mentre le orchidee ape sono arrivate in Scozia, dove non erano mai state segnalate.
Comprendere come i cambiamenti climatici operano sulla biodiversità e sulla distribuzione della vegetazione è diventata una questione centrale e le orchidee ci forniscono importanti elementi.