Come era già successo a gennaio, il governo Meloni è di nuovo nella bufera per il caro-benzina. All’inizio dell’anno, quando l’esecutivo decise di togliere lo sconto di 30 centesimi al litro sulle accise varato da Draghi, Meloni e soci decisero di introdurre alcune blande norme per evitare le speculazioni, come l’esposizione dei prezzi medi nei distributori (entrata effettivamente in vigore da poche settimane). Poi, pressati da benzinai e consumatori, Giorgetti e Meloni giurarono davanti al Parlamento e alle tv che il taglio delle accise sarebbe stato ripristinato se la spirale dei prezzi fosse ripartita.

Il governo a metà gennaio arrivò persino a modificare un decreto appena varato aggiungendo una clausola che prevede di utilizzare i maggiori introiti Iva per «finanziare riduzioni del prezzo finale alla pompa». Il ministro delle Infrastrutture Salvini assicurò che aumenti sopra la soglia dei due euro al litro non sarebbero stati tollerati.
E invece in questo agosto bollente, con i carburanti che crescono senza sosta e sulle autostrade hanno superato i due euro anche in modalità self, il governo fa spallucce.

Non solo con le imbarazzanti dichiarazioni del ministro Urso (che mercoledì ha detto che in Italia il prezzo dei carburanti è più basso che in Francia e Germania «al netto delle accise»), ma soprattutto con un sostanziale immobilismo. Nei tre partiti di maggioranza nessuno sembra ricordare l’impegno a intervenire sulle accise in caso di nuovi rincari.

Le opposizioni questa volta sono un coro unanime contro i mancati interventi del governo. «Questi vivono su Marte. Ma chi pensano di prendere in giro? Se il problema sono le accise, allora l’esecutivo deve lavorare pancia a terra per abbassarle come promesso da Fdi in campagna elettorale. Il tempo degli slogan e della propaganda è finito», attacca dal M5S Emma Pavanelli. In molti ricordano il famoso video del 2019 in cui Giorgia Meloni dal benzinaio denunciava come su 50 euro ben 35 andassero allo Stato, e solo 15 per il carburante, tuonando «noi pretendiamo che le accise vengano abolite».

E invece niente. Neppure in questo agosto di prezzi impazziti senza alcuna grave ragione legata al prezzo del petrolio. Da Azione e Italia Viva una pioggia di critiche e di richieste al governo di agire. «È chiaro che sul prezzo della benzina Urso prende in giro gli italiani: sa benissimo che le accise, dopo il taglio operato da Draghi, sono state reintrodotte dal suo governo con l’ultima legge di Bilancio che non ha rifinanziato il taglio», accusa la deputata Naike Gruppioni. «Non vorremmo che questa inerzia servisse in realtà a racimolare, proprio attraverso le imposte, le risorse necessarie alla prossima legge di Bilancio».

Dal Pd Anna Ascani denuncia «l’imbarazzante assenza di qualsiasi iniziativa del governo per bloccare l’aumento spropositato dei carburanti». E il responsabile economico Antonio Misiani tira in ballo Salvini: «La soglia dei 2 euro è stata largamente sorpassata ma degli interventi promessi non c’è traccia né annuncio. «Urso si compiace dell’efficacia delle misure introdotte dal governo, ma questa efficacia non è minimamente avvertita dagli italiani». Duro anche Peppe De Cristofaro di Sinistra-Verdi: «Solo un governo irresponsabile poteva pensare di bloccare la corsa al rialzo dei prezzi con l’esposizione di un cartello nei distributori. Meloni intervenga sulle accise usando l’extra gettito che lo Stato sta incassando».

Da Fdi il senatore Francesco Zaffini confessa: «Le accise sulla benzina servono per tagliare il cuneo fiscale a favore dei salari più bassi ed a sostenere le famiglie bisognose. È anche grazie a questo che l’Italia è cresciuta nella considerazione internazionale». Tacciono imbarazzati Lega e Forza Italia. Tace anche Meloni, di rientro ieri da alcuni giorni di vacanza in Albania, dove ha fatto letteralmente perdere le sue tracce, tra cene con il premier Edi Rama e gite in motoscafo con compagno, figlia, sorella e cognato-ministro Lollobrigida. Lì non ha avuto problemi col prezzo dei carburanti.