Ci sono domande a cui di questi tempi è difficile, se non impossibile, dare una risposta. Per esempio: qual è il ruolo e quali sono i limiti di una casa editrice? In nome della libertà di espressione potrà pubblicare qualsiasi testo ritenuto sufficientemente interessante oppure dovrà evitare di inserire in catalogo opere che il pubblico potrebbe ritenere offensive per il loro contenuto o perché scritte da persone che hanno compiuto azioni scorrette e riprovevoli?

Se n’è parlato nelle scorse settimane, quando negli Stati Uniti la biografia di Philip Roth, appena arrivata in libreria, è stata mandata al macero da Norton, dopo che diverse donne avevano accusato l’autore, Blake Bailey, di molestie e violenze sessuali. (Per quanto riguarda l’Italia, Einaudi ha fatto sapere che la traduzione del libro uscirà nel 2022, come da programma). Ma complessa è pure la questione sollevata adesso nel blog della London Review of Books da Pankaj Mishra, romanziere e saggista indiano, autore fra l’altro dell’Età della rabbia. Una storia del presente (Mondadori 2020).

Le “responsabilità etiche”, Ethical Responsabilities, evocate dal titolo dell’intervento riguardano infatti il maggiore gruppo editoriale del mondo, Penguin Random House (di proprietà della tedesca Bertelsmann), e più precisamente la sua divisione indiana, che “nelle ultime settimane, mentre il fumo delle pire funebri di massa si alzava” in tutto il paese, “ha messo in moto la macchina pubblicitaria per il suo ‘autore’ più famoso, Narendra Modi”. Il libro in uscita, Exam Warriors, è la riedizione aggiornata e ampliata di un testo pubblicato nel 2018, in cui il primo ministro indiano impartisce consigli agli studenti che devono affrontare un esame. E in effetti, alla luce di quanto accade in India, suona stridente un comunicato della casa editrice in cui si annuncia che il libro – “una guida sana e ispiratrice per chiunque consideri la vita un’esperienza di apprendimento senza fine” – prende in considerazione “anche gli effetti della pandemia, le perturbazioni, le incertezze, l’improvviso passaggio a una ‘nuova normalità’”.

Non è però il testo in sé a turbare Mishra, quanto la scelta di pubblicare Modi, “con il suo percorso insanguinato di capo suprematista hindu”. Certo, il saggista sa che Penguin Random House India non è la prima casa editrice ad acquisire opere di personaggi politici discutibili e discussi, ed evoca quindi, oltre al caso Bailey, il recentissimo contratto firmato da Mike Pence, vicepresidente di Trump, con Simon & Schuster, altra major editoriale che sta per entrare nell’orbita di Bertelsmann – decisione in seguito alla quale molti dipendenti del marchio statunitense hanno scritto una lettera aperta al ceo Jonathan Karp, accusando la casa editrice di “legittimare il fanatismo”. E lo stesso Mishra ammette come Karp (che, per inciso, ha annullato un libro del senatore repubblicano Josh Hawley dopo l’assalto al Campidoglio) sia “impegnato in una manovra difficile: ridefinire, dopo diversi decenni in cui la ricerca del profitto è apparsa il bene supremo, le responsabilità etiche degli editori”.

In quanto autore pubblicato da Penguin Random House, però, Mishra vorrebbe che lo stesso dibattito si aprisse in India e per questo ha scritto al responsabile di PRH India, Gaurav Shrinagesh, chiedendogli “in che modo la casa editrice percepisce il proprio ruolo nell’attuale congiuntura politica”. Ma la risposta di Shrinagesh – in intesi: “apprezziamo i punti di vista e le opinioni di ogni autore, per quanto diversi possano essere” – non gli è sembrata soddisfacente, anzi, “un esempio di opacità e mancanza di responsabilità”.

Sono tempi difficili per gli editori, e non solo per loro.