«La finale raggiunta dalle ong del Mediterraneo al premio Sakharov per la libertà di espressione riconosce un fatto: stanno salvando la faccia dell’Europa». Elly Schlein, europarlamentare di Possibile, da tempo riferimento in Europa della battaglia per la solidarietà internazionale, è tra le promotrici di una candidatura più politica delle altre. Ne abbiamo parlato a margine della premiazione.

Com’è nata la candidatura alle 11 ong attive in mare?

Con colleghi socialdemocratici e dei Verdi abbiamo sentito questa urgenza di fronte alla criminalizzazione delle ong e della solidarietà. L’Europarlamento non perde occasione per dare un segnale forte, diverso dalle scelte folli di esternalizzazione dei confini, scelte disumane come gli accordi con la Turchia. Le presentano come un successo ma io invito a misurare questo successo con le vite di 15mila persone bloccate nelle isole greche. O come gli accordi con la Libia, o meglio con le milizie libiche. L’unico risultato è stato lasciare quella parte di Mediterraneo senza mezzi per salvare delle persone. Una tratta mai così mortale a fronte di una diminuzione dei flussi per la ragione più sbagliata, la violazione del principio di non respingimento.

È l’esito anche della politica muscolare dei porti chiusi, della guerra alle ong che le blocca nei porti da mesi, delle pressioni sulla Libia che l’hanno portata a dichiarare un’area di soccorso in mare pur non avendo i presupposti per farlo. Sarebbe opportuna la risposta umanitaria che l’Europarlamento chiede, riconoscendo che le ong sopperiscono alla mancanza di una missione europea di ricerca e soccorso. Quando si è passati da Mare Nostrum a Triton eravamo in pochi in quest’aula a denunciare che non sarebbe stata in grado di salvare vite con un terzo del budget, un terzo dei mezzi a disposizione e inizialmente un’area operativa di 38-40 miglia dalle coste italiane contro le 172 di Mare Nostrum. Dunque, sì, libertà di espressione è il messaggio inviato: non si vogliono testimoni scomodi in quel tratto di mare.

A maggio ci sono le elezioni europee e il parlamento cambierà. Se questa candidatura fosse arrivata l’anno prossimo sarebbe passata?

Difficile dirlo. Ci si aspetta una crescita delle forze xenofobe e dell’estrema destra a cui questo establishment europeo rende la vita straordinariamente facile. Poche settimane fa incalzavo il presidente del Consiglio Ue, Tusk, sulla riforma di Dublino: dopo due anni non si è riusciti a trovare un accordo. La sua risposta? La soluzione non è redistribuire i migranti ma bloccarli. La stessa linea di Orbán e Salvini, un identico linguaggio che sta consegnando l’Europa a forze nazionaliste e xenofobe. Non si può far fronte a questa internazionale di nazionalisti con la stessa retorica di odio, muri e intolleranza. Gli equilibri cambieranno, ma è anche vero che queste forze da sole non avranno la maggioranza. Dipenderà dal centro destra europeo, se immaginerà improponibili alleanze con l’estrema destra o se ci sarà uno scenario diverso, una maggioranza di forze progressiste ed ecologiste.

Dal Marocco si è aperta una nuova rotta e il premier spagnolo Sanchez è appena stato a Rabat a promettere gli aiuti Ue. Quanto sono deleteri gli accordi con i paesi di transito?

Sono deleteri perché l’esternalizzazione delle frontiere ha l’unico effetto di aprire rotte più pericolose che arricchiscono i trafficanti. Le risposte sono tre. Sul breve periodo una missione di soccorso europea sia in mare che nei Balcani, accantonando l’ossessione securitaria che provoca tensioni interne e mette in pericolo le relazioni con il resto del mondo, a partire dal continente africano. Con l’ossessione di bloccare i flussi africani verso l’Europa, una minima parte di quelli regionali, stiamo minando i protocolli di libero movimento fondamentali per le economie africane.

Sul medio periodo va superato Dublino sostituendo il criterio ipocrita del paese di primo accesso con una redistribuzione che tenga conto dei legami dei migranti con alcuni paesi europei. E poi un’accoglienza armonizzata e diffusa che prenda a modello Riace o Acquaformosa: piccole soluzioni abitative, servizi di inserimento sociale che creino opportunità anche alle comunità locali. Permetterebbe anche di sconfiggere caporalato e sfruttamento dei migranti. Sul lungo termine si deve lavorare sulla coerenza delle politiche estere europee: i conflitti a cui partecipiamo e lo sbilanciamento a nostro favore degli accordi con i paesi africani.