«L’emergenza in mare non si ferma, anzi diventa sempre più letale e per questo le politiche migratorie alle quali si sta lavorando in Europa non possono diventare un impedimento alle attività di soccorso». Partono da una considerazione tanto semplice quanto decisiva le ong che ieri al Viminale hanno incontrato la ministra Luciana Lamorgese. Un appuntamento servito a entrambe le parti per riannodare i fili di un dialogo interrotto dall’emergenza Covid. Alla fine tutti d’accordo nel considerare le due ore di faccia a faccia «utili» e il confronto avuto «franco e trasparente». «Abbiamo fatto presente alla ministra alcuni aspetti riguardanti le operazioni che svolgiamo nel Mediterraneo e di cui abbiamo bisogno di parlare anche con i ministri dei Trasporti e della Salute», spiega al temine dell’incontro Valentina Brinis, Advocacy officer di Open Arms. «Non sappiamo se questo si tradurrà in un tavolo o altro, ma la ministra ha accettato di farsi portavoce delle nostre richieste».
All’invito della titolare del Viminale hanno risposto tutte le ong: oltre alla spagnola Open Arms, erano presenti Medici senza frontiere, Sea Watch, Sea Eye, ResQ, Mediterranea, Sos Mediterranée ed Emergency. Lamorgese ha sottolineato come la mancanza di solidarietà da parte di alcuni Stati europei complichi notevolmente la gestione dei migranti che sbarcano nei Paesi di primo approdo, Italia in testa. Ma anche ribadito la volontà di cooperare con la Libia e l’impegno del governo a far sì che le autorità di Tripoli rispettino i diritti umani dei migranti.

Punto, quest’ultimo, che non poteva certo trovare d’accordo le organizzazioni umanitarie. «Abbiamo ribadito la nostra preoccupazione che le attività di supporto alla Libia abbiano come conseguenza l’abbandono definitivo delle operazioni in mare da parte degli Stati per delegare tutto alla Guardia costiera libica che poi riporta i migranti negli stessi centri di detenzione dai quali sono fuggiti», dice Marco Bertotto, responsabile Affari umanitari di Msf.

Altra questione cruciale: la possibilità di soccorrere le persone in mare viene messa pesantemente a rischio dai numerosi fermi amministrativi a cui vengono sottoposte le navi umanitarie. Una situazione non più sostenibile da tempo. «Su nove organizzazioni che qui rappresentiamo e nove navi disponibili – hanno spiegato a Lamorgese le ong – appena tre sono operative ma solo due di queste sono effettivamente attive nel Mediterraneo centrale, mentre la terza si trova in cantiere. Delle altre sei navi ong, cinque sono sottoposte a fermi amministrativi dopo delle attente ispezioni della Guardia costiera e una si torva in quarantena imposta successivamente allo sbarco dei migranti». Negli ultimi due anni i fermi amministrativi sono stati 14 e di questi 11 negli ultimi 15 mesi. «Per un totale di 494 giorni, quasi un anno e mezzo di mancata operatività in mare» hanno denunciato le ong.

A Lamorgese è stato infine chiesto di riconoscere il ruolo delle ong mettendo così fine alla criminalizzazione in atto da anni nei loro confronti.