«Dopo che avrai detto addio al tuo amore/ E ruminato con lui la tua esperienza/ La tua amara esperienza: Che altro?». Sono i versi di Jack Spicer che l’editore Argolibri ha messo in ultima di copertina sulla foto di una bella mucca che fa da contraltare all’elaborazione digitale del quadro della Madonna di Sant’Alessio che compare in copertina. Parliamo di Un rosario di bugie (pp. 124, euro 15), che mette insieme tre raccolte («Ammonimenti», «Un libro di musica», «Quindici false proposizioni contro Dio», tutti del 1958) del tragitto poetico di uno degli autori più particolari della cosiddetta San Francisco Renaissance.

JACK SPICER, nato nel 1925 a Los Angeles e morto nel 1965 alcolizzato, è un geniale poeta, ma meglio sarebbe dire «antipoeta» per il suo uso della parola soprattutto orale in contrapposizione al libro («il cimitero»): un’illusione d’accordo, ma che ha contribuito al suo mito e al suo fascino artistico. Una poesia che non è possibile leggere soltanto ma «sentire», «elaborare», «accompagnare» a mo’ di eco delle parole. E fu lo stesso Spicer, non solo nelle «Vancouver lectures», ma in tante altre occasioni (workshop, incontri, bar letterari) a chiarire il suo rapporto con la ricerca linguistica e con la sua linea poetica che definì di «dettatura», praticamente una sorta di onde radio figurate che trasmettono, più o meno come voce di marziani, i suoi sussurri all’artista.

UN POETARE geniale che va dal discorsivo al musicale, dalla lettera intima all’urlo pubblico. Canta Spicer: «Prima ancora del nostro corpo la sabbia/ Annuncia che siamo all’ultimo confine». E rilancia: «Quando la casa cade ti chiedi/ Se mai ci sarà poesia/ La bellezza è una cosa così rara, cantava Pound./ Così pochi bevono alla mia fontana». La sua voce prosegue, come in un rosario laico, con le «lettere» agli amici Joe, Ebbe, Nemmie, Russ, Ed, Harvey, Dick, Billy, Robbin.

IL POETA AMERICANO Paul Vangelisti conclude il libro con una bella fantasia-ricordo di un incontro con Janis Joplin e Jack Spicer nel bar di Gino & Carlo a San Francisco. Curato da Andrea Franzoni, che tradusse anche il leggendario libro del 1957 After Lorca e che annuncia una prossima edizione di Billy the Kid, il volume odierno ha il merito di rilanciare un autore in un’epoca che ha forse ripreso a interrogarsi sulla funzione, o «non funzione», della parola poetica.