Einstein aveva ragione: le onde gravitazionali esistono. Lo hanno confermato i risultati dell’esperimento Ligo (sta per Large Interferometer Gravitational-Waves Observatory) in cui per la prima volta sono state osservate le increspature dello spazio-tempo previste proprio cento anni fa dal fisico tedesco. La scoperta è stata annunciata ieri da Washington e da Cascina (Pisa), durante una doppia conferenza stampa seguita via internet nei laboratori di tutto il mondo. Ma già da diverse settimane voci e indiscrezioni si inseguivano sui social network, in un inedito caso di «gossip» scientifico.
L’esistenza delle onde gravitazionali è un’ulteriore conferma per la teoria della relatività generale. Secondo le sue previsioni, la massa dei corpi curva lo spazio, un po’ come l’avvallamento provocato dal peso di un oggetto su un telo teso. Nel 1916, Einstein avanzò un’ipotesi ancora più suggestiva: quando una massa accelera, essa dovrebbe provocare una perturbazione della curvatura che si propaga nello spazio, cioè un’onda gravitazionale. Le dimensioni di un oggetto investito dall’onda dovrebbero subire delle variazioni. Ma esse sono così piccole che rilevarle è stato finora impossibile. L’«interferometro» che è ora riuscito a individuare le onde ha dimensioni notevoli, proprio per amplificare la perturbazione. Ligo è costituito da due tunnel lunghi quattro chilometri e perpendicolari tra loro. Nei tunnel vengono inviati due raggi laser che, dopo molti rimbalzi, si sovrappongono in un segnale unico. Il passaggio di un’onda dovrebbe variare la lunghezza dei due bracci in modo diverso e modificare il segnale risultante.

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La fusione di due buchi neri
Gli interferometri di Ligo sono due, entrambi negli Usa (in Louisiana e nello stato di Washington) e la loro costruzione è costata oltre 600 milioni di dollari. Lo stesso segnale è stato osservato in entrambi gli strumenti americani il 14 settembre 2015, e per gli scienziati ciò è una prova del passaggio di un’onda gravitazionale.
Sulla base della sua forma, essa sarebbe stata generata dalla fusione tra due buchi neri avvenuta 1.3 miliardi di anni fa.Un terzo osservatorio dello stesso tipo di Ligo si trova a Cascina, ma non ha potuto corroborare la scoperta con ulteriori dati. Lo strumento, finanziato da Italia e Francia, tornerà operativo solo in estate dopo un aggiornamento della strumentazione. Anche i ricercatori del laboratorio europeo, però, ha raccontato nella conferenza il fisico italiano Fulvio Ricci, hanno collaborato alla scoperta delle onde gravitazionali.
Dell’esistenza delle onde gravitazionali vi erano già indizi. Una prova indiretta esiste sin dal 1974, quando gli astronomi e premi Nobel Russell Hulse e Joseph Taylor individuarono una pulsar (cioè un sistema rotante di due stelle) la cui energia diminuiva nel tempo. L’energia mancante corrispondeva esattamente a quella trasportata via dalle onde gravitazionali secondo la teoria di Einstein. Ma molti altri scienziati hanno creduto invano di osservare le onde.

Big Science o Big Show?
Nel 2014, usando il telescopio Bicep2, un team internazionale di cosmologi annunciò di aver individuato quelle sprigionatesi dal Big Bang, ma dovettero ritrattare perché non avevano tenuto conto della polvere galattica. E già nel 2011, la presunta osservazione delle onde gravitazionali si era rivelato solo un test organizzato dal gruppo direttivo di Ligo all’insaputa del resto del team. È una pratica consueta negli esperimenti di grandi dimensioni, per verificare il funzionamento del lungo processo che porta dalle misure all’analisi dei dati e alla loro pubblicazione. Che si trattasse di uno «scherzo», però, i ricercatori scoprirono solo durante una conferenza convocata all’ultimo momento, con i comunicati stampa trionfali già pronti.
Le incertezze intorno a una scoperta così rilevante, dunque, sono numerose e hanno generato un notevole chiacchiericcio ancor prima dell’annuncio ufficiale, con indiscrezioni sfuggite ai laboratori o create ad arte. Attraverso Twitter, anche scienziati e divulgatori hanno partecipato a questo inedito episodio di pettegolezzo scientifico. Riviste rispettate come il New Scientist hanno realizzato vere e proprie inchieste giornalistiche pur di anticipare di qualche giorno i risultati.

Comunicazione pop
È una novità rilevante per la comunicazione scientifica. Le scoperte vengono annunciate tradizionalmente attraverso articoli su riviste austere come Nature o Science dopo la revisione di altri esperti. È un iter lungo e assai poco spettacolare. Nel caso delle onde gravitazionali, e avviene sempre più spesso, questo metodo è saltato.
I canali di comunicazione scientifica si sono sdoppiati in modo quasi incomprensibile: che senso ha bruciare sul tempo di pochi giorni con indiscrezioni poco accurate un annuncio che sarebbe avvenuto comunque con dovizia di particolari? A differenza delle news quotidiane, l’impatto delle scoperte scientifiche si misura sulla scala dei decenni. Ma la «Big Science», un tempo respingente per il grande pubblico, attraverso i social network ha saputo trasformarsi in «Big Show».

Sono state così conquistare nuove fette di audience, politicamente preziose per difendersi dai tagli ai finanziamenti pubblici. Le grandi organizzazioni di ricerca, come la Nasa e il Cern, ne sono consapevoli e alimentano lo spettacolo con una comunicazione «pop» che fa storcere il naso a qualcuno, ma funziona. Contro l’austerity, cavalcare l’onda è una questione di sopravvivenza.