Dalla mezzanotte passata l’Ungheria è un Paese off limits per i profughi. L’ultimo tratto del muro di filo spinato voluto dal premier Viktor Orban al confine meridionale con la Serbia è stato completato nel pomeriggio di ieri con la chiusura del valico di Roszke, mentre durante la notte è stata montato il cancello che blocca la linea ferroviaria nel tratto che collega la città di Szegrad alla serba Subotica. A rinforzo delle barriere metalliche il governo ha inviato mezzi blindati, polizia a cavallo e migliaia di militari. Tutto per fermare la marea di disperati che dall’inizio dell’anno percorre il Paese diretta in Germania e Svezia.
Un flusso che Budapest vuole contrastare non solo costruendo recinzioni e schierando l’esercito, ma anche con norme più severe nei confronti dei migranti che considera illegali. Oggi infatti entrano in vigore anche le nuove leggi annunciate da Orban contro chi viene sorpreso senza un regolare permesso. I più fortunati, quelli che verranno fermati nei pressi della frontiera, saranno riaccompagnati in Serbia, Paese che l’Ungheria considera sicuro. Tutti gli altri rischiano fino a tre anni di carcere. Le domande di chi farà richiesta di asilo verranno invece esaminate da funzionari ungheresi in una sorta di terra di nessuno tra Ungheria e Serbia. Senza guardare tanto per il sottile, se è vero che non è stato previsto neanche l’impiego di interpreti per aiutare i profughi a compilare le domande. Secondo la televisione magiara nelle prossime ore potrebbero essere più di ventimila i siriani ammassati alla frontiera con l’Ungheria senza avere più la possibilità di passare. Una situazione che preoccupa le autorità serbe, ma anche Amnesty international che ieri ha denunciato i pericoli per decine di migliaia di uomini, donne e bambini già duramente provati. «Rischiano di annegare in un caos che ne mette a rischio la vita», ha detto l’organizzazione.
Nelle prossime ore lungo la frontiera serbo-ungherese potrebbe quindi accadere di tutto. Quel che è certo è che dopo un primo momento di smarrimento, come sempre è successo in passato anche questa volta i migranti troveranno un’altra rotta da percorrere pur di raggiungere la meta che si sono prefissi.
Come un fiume che di fronte a un ostacolo devia il suo tragitto, adesso che la frontiera ungherese è chiusa il flusso di migranti potrebbe scegliere nuovi percorsi Quelli più probabili sono quattro. Il primo prevede che dalla Serbia la massa di persone attraversi prima la Croazia e poi la Slovenia fino in Austria. Fino a oggi Zagabria si è dimostrata aperta nei confronti dei profughi accettando le quote della Commissione europea che gliene assegna 3.200 e condannando il muro ungherese. «I profughi non sono nostri nemici», ha detto il primo ministro Zoran Milanovic. Va detto che però, come ha riconosciuto lo stesso Milanovic, finora quello dei profughi è stato un problema che la Croazia ha vissuto da lontano. La disponibilità potrebbe cessare se domani il flusso dovesse coinvolgere in maniera diretta il Paese. Da considerare che la Croazia aderisce al regolamento di Dublino e quindi rischia di doversi far carico dei profughi che passano i suoi confini. Ma anche che le prossime elezioni politiche sono previste in autunno e i sondaggi danno in vantaggio la coalizione di centrodestra. Per quanto riguarda la Slovenia, invece, anche Lubiana ha accettato i 2.128 migranti assegnati al paese da Bruxelles.
Un’altra rotta possibile potrebbe partire invece dalla Grecia e attraversare poi Macedonia, parte della Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia e Austria. Si tratta di un percorso più improbabile, perché costringerebbe i profughi a fare un giro più lungo, ma pur sempre possibile. Secondo Izete Nizam, vicecapo dell’Ufficio stranieri bosniaco che ha annunciato un piano del governo per un’eventuale emergenza, i profughi potrebbero attraversare il confine con la Serbia in due punti: a Bijeljina, nel nord est del Paese, oppure a Trebinje, nel sud est, località in cui si stanno adattando a centri di accoglienza alcune ex strutture militari. Una terza via dipende invece dalla possibilità che anche l’Austria chiuda i suoi confini. In questo caso lo sbocco naturale sarebbe dalla Slovenia in Italia.
C’è, infine, la quarta e ultima rotta possibile, e riguarda il mare. Visto il moltiplicarsi di frontiere che si chiudono i profughi potrebbero decidere di attraversare l’Adriatico come avveniva negli anni ’90. I punti di partenza in questo caso sarebbero due: dalla Grecia o dall’Albania, Paese quest’ultimo finora rimasto estraneo al flusso di migranti. In entrambi i casi il punto di sbarco sarebbe la Puglia, regione dalla quale riprendere la marcia verso nord.