London is burning gridavano le strade in rivolta, mentre il Jubilee di Derek Jarman «celebrava» la sovversione liberando sugli schermi British la rabbia punk. 1978, Margareth Thatcher non è ancora il Primo ministro, sarà eletta l’anno dopo, e Jarman – scomparso nel 1994 – diverrà uno dei suoi più implacabili critici. Anche se è proprio lui a dire che senza la Signora di ferro, non ci sarebbe stato il nuovo cinema inglese.

E non è un paradosso perché tra gli anni Ottanta e Novanta, quando la politica liberista thatcheriana massacrava il paese distruggendo i sindacati e il welfare, il cinema British conosce la sua «Renaissance», un’esplosione vitale che scuote il conformismo della tradizione cinematografica e dà vita a nuovi soggetti, personaggi, storie, in sintonia con la realtà. Neil Jordan, Peter Greenaway, Michael Radford, Richard Eyre, Terence Davies, Sally Potter, Marek Kanievska, Stephen Frears, Mike Leigh, Bill Forsyth, Julien Temple, e scrittori come Hanif Kureishi, Ian McEwan, Alan Bennett, che spesso sono all’origine di questi film, sono tra i protagonisti di questa «onda» in cui i sentimenti di protesta, il conflitto sociale, la relazione postcoloniale, abitano un paesaggio urbano e metropolitano sempre più devastato.

Ecco dunque l’opportunismo sociale di The Ploughman’s Lunch di Richard Eyre da McEwan, (L’ambizione di James Penfield) , gli operai incazzati di Ken Loach (Riff Raff, ’91; Piovono pietre, 93), i proletari disincantati di Mike Leigh (Belle speranze, 88), gli scontri razziali che punteggiano la vita disordinata di Sammy e Rose vanno a letto (’88) secondo film nato dal binomio tra Stephen Frears e lo scrittore Hanif Kureishi, dopo My beautiful laundrette. E ancora i disoccupati spogliarellisti di Full Monty di Peter Cattaneo (1996) e le classi sociali sacrificate di Billy Elliot (di Stephen Daldry, 2000).

È qui che si rivela Rupert Everett ambiguo protagonista di Ballando con uno sconosciuto (1986, Mike Newell), mentre Terence Davies inizia la sua TrilogiaDistance Voice, Still lives – raccontando altri sogni e altri rivolte. E Julien Temple filma i suoi Absolute Beginners (1986), dove la Londra degli anni Cinquanta sconfina pericolosamente in quella contemporanea.

Se anni dopo Margareth Thatcher diviene in The Iron Lady l’anziana signora fragile, confusa tra ricordi e rimorsi, e affidata alla maestria d’attrice di Meryl Streep, allora l’immaginario è una delle zone più attive di resistenza. Ci sono molti fattori, a cominciare dalla nascita di Channel 4, il canale tv che supporta le arti e che sarà per molti anni un esempio in tutto il mondo.

Ma è soprattutto l’esigenza di inventare una libertà nelle costrizioni, una voce in prima persona contro un sistema feroce che soffoca e macina. È sempre in questi anni che appare il Sankofa Film Collective, ispirato da Isaac Julien, in cui si uniscono lo smantellamento del gender sessuale e degli studi coloniali, gli African American di Harlem (Looking for Langston) e i movimenti neri in Gran Bretagna (Young Soul Rebel). Una ribellione ancora non finita.