Un paese spaccato, diviso pressoché a metà lungo linee che disegnano per molti versi una nuova geografia politica e sociale. Per quanto inferiore alle attese, nel corso degli ultimi mesi i sondaggi l’avevano data in testa e con percentuali che sfioravano il 30% dei consensi, l’affermazione della leader del Front National, Marine Le Pen, sembra trarre prima di tutto alimento dalle nuove linee di demarcazione che stanno emergendo in seno alla società francese.

GLI OLTRE 7 MILIONI E MEZZO di consensi raccolti dalla candidata dell’estrema destra, in ogni caso un record mai raggiunto prima nella storia più che trentennale del Fn, appaiono come il frutto più velenoso e inquietante della fratture che percorrono l’Esagono. E che anche nel caso della probabile vittoria di Emmanuel Macron al secondo turno delle presidenziali, continueranno a rappresentare una sfida di non poco conto in particolare per la sinistra politica e sociale.

Tra le analisi proposte nel dopo voto dagli studiosi dell’estrema destra, spicca perciò quella avanzata dal demografo Hervé Le Bras, decano della storia sociale transalpina che da tempo, il suo Le pari du Fn (Autrement) è uscito già nel 2015, invita a considerare gli exploit elettorali del Front National nell’ambito della geografia sociale del paese che ha visto emergere nuove forme di povertà e di emarginazione, non solo di natura economica. Se il primo turno della corsa all’Eliseo fotografa come circa il 30% dei disoccupati e degli operai abbia scelto Le Pen, contro una percentuale simile di appartenenti al ceto medio e alle professioni liberali che si sono invece orientati verso Macron, Le Bras sovrappone una serie di “carte” relative alla composizione sociale delle differenti regioni, all’analisi del voto. Facendo così emergere l’aspetto meno evidente, ma non per questo meno preoccupate, dei risultati.

Così, la lnea orizzontale che divide in due la Francia politica, separando nettamente le regioni dell’Ovest, che hanno votato in maggioranza per Macron, da quelle dell’Est, andate a Le Pen, corrisponde secondo lo studioso a quella che separa le zone di più forte insediamento delle classi media e alta, rispetto a aree popolari che sono poi quelle più colpite dalla deindustrializzazione e dalla paura del declassamento.

ALLO STESSO MODO, anche il voto delle grandi città in favore dell’ex ministro dell’Economia di Hollande, con la sola significativa eccezione di Marsiglia e dei centri del Sud-Est, si spiega con il fatto che è qui che risiede prevalentemente il ceto medio e intellettuale. All’inverso, l’analisi proposta da Le Bras indica come i consensi al Fn vengano soprattutto «dai piccoli centri dove molto spesso si sono trasferite nel corso del tempo le famiglie operaie cacciate dalle metropoli dall’aumento degli affitti e del costo della vita o da quelle aree rurali i cui abitanti si sentono esclusi e dimenticati dalle scelte della politica».

MALGRADO QUESTA STRATEGIA di conquista nei territori perduti della gauche inaugurata da Marine Le Pen da alcuni anni non abbia portato ancora tutti i frutti sperati, la presidente del Fn, come nota lo storico dell’università di Monpellier, Nicolas Lebourg, che ha firnato Les extrêmes droites en Europe (Seuil, 2015), «non poteva sperare in un avversario migliore di Macron». Questo perché malgrado l’ex esponente del Ps sia quello che secondo tutti i sondaggi aveva fin dall’inizio più possibilità di battere Le Pen, è altrettanto chiaramente «colui che incarna al meglio la figura del nemico nell’ambito del progetto frontista di riconfigurazione della democrazia francese, non più secondo la dicotomia destra-sinistra, ma tra coloro che difendono l’identità nazionale (i sovranisti) e coloro che cercherebbero di distruggerla (i mondialisti)». Per questo Le Pen «martella sul fatto che Macron è un simbolo della “globalizzazione selvaggia” contro cui il Fn si presenta come l’unica difesa dei francesi e la sola alternativa politica».

Quanto alle prospettive che si aprono per il secondo turno, gran parte degli specialisti dell’estrema destra concordano sul fatto che difficilmente Marine Le Pen sarà in grado di raccogliere un numero sufficiente di consensi da poter raggiungere il 51%.

CIONONOSTANTE, il politologo Joël Gombin, autore di Le Front National (Eyrolles, 2016) e membro dell’Observatoire des radicalités politiques della Fondazione Jean-Jaurès, ricorda come «in occasione delle ultime elezioni regionali, quelle del 2015, un terzo degli elettori del centrodestra si è alla fine portato sul Fn» e che «domenica Macron e Le Pen messi insieme non hanno raggiunto neanche la metà dei consensi espressi, lasciando così aperto, malgrado le dichiarazioni in favore del candidato di En marche! pronunciate dai maggiori leader politici, almeno in linea di principio, lo scenario per il secondo turno. Una situazione decisamente inedita».