Armando Iannucci ha avuto una carriera fantastica. Da trent’anni si trova al centro della commedia inglese in qualità di regista, produttore e scrittore con creazioni come Alan Partridge con Steve Coogan, la parodia del telegiornale The Day Today talmente perfetta da ingannare il pubblico con le sue fake news. Ha massacrato il retroscena della politica in The Thick of It con uno straordinario Peter Capaldi. Negli Stati Uniti ha avuto un successo con la satira tagliente della Casa Bianca e della politica americana di Veepvicepresidente incompetente con Julia-Louis Dreyfus e Avenue 5, una commedia di fantascienza con Hugh Laurie. Al cinema poi ha fatto i film In the Loop e Morto Stalin, se ne fa un altro. La sua ultima creazione – La vita straordinaria di David Copperfield – è un adattamento esilarante dell’omonimo romanzo di Charles Dickens.

Nonostante tutti i suoi successi, Armando Iannucci mi ha detto di essersi sentito vicino al suo protagonista per via della sua insicurezza: «Ho letto il libro all’età di 15 anni e non so se avevo capito tutto, ma poi l’ho riletto e mi sono reso conto che era molto moderno. Parla della memoria fallace, ha un narratore inaffidabile, c’è l’ansia causata dallo status sociale e «la sindrome dell’impostore». E quest’ultima mi ha colpito. Sono un italiano cresciuto in Scozia, uno scozzese a Londra e un britannico negli USA. Ho sempre avuto questa sindrome. Penso sempre che il mio prossimo film sarà uno schifo e che poi sarà tutto finito: ’Amico, ci hai imbrogliato fino ad ora’. Ma gli anni passano, si comincia a capire che tutti si sentono così e che questa è solo la vita. Se i nostri genitori ce lo avessero spiegato quando eravamo piccoli…»

Nonostante il suo nome, Armando è nato e cresciuto a Glasgow in Scozia. «Mio padre viene da appena fuori Napoli. Mia mamma è nata a Glasgow ma i suoi genitori vengono da un posto vicino a Roma.» Gli chiedo se ha un rapporto con l’Italia. «La visitiamo ogni tanto, sì. Quando mio papà è emigrato, ha perso ogni contatto con l’Italia. Era un partigiano durante la guerra e dopo voleva lasciarsi tutto alle spalle. Lui non ci parlava della guerra, mai. Aveva anche una medaglia ma la perse. E poi è morto giovane. La sua parte di famiglia è ancora un libro chiuso in confronto a quella di mia mamma.»

Abbiamo entrambi una passione per Dickens, uno dei pochi scrittori di cui ho letto tutte le opere

A 13 anni, ho letto Grande Speranze e pensavo ma chi è questo Dickens? Poi ho letto Oliver Twist e un libro che nessuno, tranne forse te, ha letto: Martin Chuzzlewit, e l’ ho trovato molto molto divertente. Perché abbiamo questa immagine di uno scrittore che scrive solo e sempre di morte e nebbia? Quando aveva 24 anni, era una delle persone più famose al mondo.

Facciamo un confronto con un altro genio della commedia inglese
È come Charlie Chaplin. Sono entrambi britannici diventati famosi a livello internazionale per via dei loro personaggi comici. Entrambi cresciuti in circostanze difficili, nella povertà e senza i benefici dell’appartenenza ad un’establishment. E poi Dickens scrive in una maniera così cinematografica. Chaplin ha fatto film come Tempi Moderni e Il Grande Dittatore che ha raffigurato l’uomo piccolo contro il governo grande e questo si vede anche in Dickens. Era rinomato per fare queste passeggiate-maratona, di trenta miglia, ma i suoi libri fanno la stessa cosa: ti portano a fare una lunga passeggiata, fuori dal salotto e dalla carrozza; attraverso Londra, dei ricchi e dei poveri, dal tempio della giustizia alle fabbriche pericolose; dove la gente ha fame e altri si abbuffano ai banchetti. Non è una sorpresa che fosse un giornalista. Sì, scrive finzione, ma è finzione osservata. È per questo che mi sembra modernissimo. Ed è anche il motivo per cui la critica letteraria del tempo lo snobbava e lo accusava di scrivere romanzi troppo attuali e transitori. Ma ora sono i suoi romanzi ad essere letti e i critici dimenticati.

Devo chiedergli del «color blind casting» cioè il casting daltonico, che vede Dev Patel – lo straordinario attore di «Slumdog Millionaire» – recitare la parte del protagonista. Ma so che è una domanda noiosa.
È una domanda che la gente mi fa prima di vedere il film; dopo che lo hanno visto la domanda sparisce. Ci sono due motivi. Uno: potevo immaginare solo Dev nel ruolo di David. Era perfetto. E poi abbiamo chiesto gli attori migliori per ogni ruolo. Il film è ambientato nel 1840 ma ho chiesto a tutti di recitare come se non avessero mai visto o recitato in un dramma in costume prima. Rompere le regole. Comportatevi come siete nel presente perché i personaggi sono nel loro presente. E gli spettatori devono sentirsi come se stessero guardando gente del presente, come se potessero anche loro entrare in scena. E due: se noi, come industria, vogliamo continuare a fare questi drammi in costume, è molto controproducente dover dire a una grande fetta di attori di grande talento che non vi possono partecipare.

Ci sono delle scene che si avvicinano a Chaplin per la commedia fisica.
Ero contentissimo quando un critico britannico ha descritto Dev come Chaplin perché ho pensato proprio la stessa cosa. Quando abbiamo fatto la prima prova video, senza suono, in costume e con le luci e tutto il resto, Dev è entrato in scena con il cappello a cilindro e una camminata giocosa e ho pensato subito – è proprio come Chaplin. È stato un momento fantastico.

Come scrittori, Iannucci e il suo collaboratore Simon Blackwell hanno cambiato la storia, in particolare il destino di Dora, il primo amore di David.
Quando è stato scritto, David non poteva divorziare da Dora, così Dickens l’ha semplicemente uccisa. E ho pensato che questo non poteva funzionare al giorno d’oggi. Abbiamo deciso all’inizio di non essere rispettosi alla trama del libro ma di onorare invece i temi e il linguaggio, che è bellissimo. Quindi la scena con le penne e Dora è presa parola per parola dal libro come pure la scena in cui David si ubriaca. Anche la sequenza di quando si innamora di Dora, per la prima volta, e vede la sua faccia e il suo nome dappertutto, è presa dal libro. Ma poi le donne di Dickens sono o completamente pazze o molto ma molto noiose. Noi volevamo personaggi femminili più maturi, completi. Agnes dev’essere alla pari di David.

Ma questo approccio radicale poi ha ottenuto l’approvazione.
Sono stato invitato a cena dalla Dickens Fellowship per celebrare il 150esimo anniversario della morte di Charles Dickens. Lì ho incontrato alcuni membri della famiglia Dickens. Hanno visto il mio film e lo hanno adorato. Mi hanno detto che ha catturato lo spirito del loro bis bis bis bis bis nonno. Il libro è lungo 800 pagine e io avevo solo due ore per raccontare tutto perciò per forza ho dovuto eliminare passaggi e personaggi. Ho preso alcune caratteristiche da alcuni personaggi e le ho date ad altri. C’era un insegnante di David che suonava il flauto e abbiamo dato il suo ruolo a Micawber (Peter Capaldi, ndr). Peter ha capito istintivamente che Micawber era un artista che voleva essere al centro dell’attenzione altrimenti la sua situazione avrebbe fatto piangere troppo. Un momento è l’anima della festa e il minuto dopo cerca un coltello per farla finita.

Parlando ancora di Chaplin, 80 anni fa usciva nelle sale americane «Il Grande Dittatore». Gli chiedo se se la sente di tornare alla satira.
Ogni giorno Trump e suoi facilitatori ci portano in una nuova stanza di irrealtà. Lui esiste solo come intrattenitore a cui importa soltanto fare share. Faceva ridere ma con il COVID non è mica tanto divertente. Si sente la rabbia più che il desiderio di far ridere la gente. Come puoi esprimere entrambi? È possibile ma molto difficile. Poi i comici migliori ora sono quelli che agiscono velocemente perché la realtà è in continuo cambiamento.