La nomina di Franco Corleone a Garante toscano dei detenuti è arrivata in contemporanea all’approdo parlamentare delle tre leggi di iniziativa popolare su carcere, droghe e diritti umani, e nel mezzo delle polemiche suscitate dal messaggio di Giorgio Napolitano alle camere, per sollecitare la politica a intervenire sulla terribile realtà delle carceri italiane.

Perché il capo dello Stato è intervenuto proprio ora?

L’anno scorso, dopo la lettera di 139 giuristi che gli chiedevano di utilizzare lo strumento del messaggio al Parlamento, una delegazione guidata da Andrea Puggiotto fu ricevuta da Napolitano. Il presidente ci spiegò che in genere quei messaggi non erano mai stati presi in considerazione dalla forze politiche, quindi lui non ne aveva mai fatto uso. Ora invece ha cambiato opinione, anche dopo una recente visita a Poggioreale, perché siamo stati condannati dalla Corte europea per i diritti umani e abbiamo tempo fino a maggio per rientrare nella legalità. Sarebbe un fatto molto grave se, alla vigilia del semestre di presidenza Ue, l’Italia subisse una condanna definitiva per violazione dei diritti umani.

Resta il fatto che le “proposte” di Napolitano hanno scatenato un vespaio. Sono sul piede di guerra Leghisti e M5S(che annuncia un proprio piano sulle carceri, con la previsione di ben 69mila detenuti). Perfino nel Pd c’è qualche fibrillazione. Possiamo parlare di “fattore Berlusconi”?

Se tutti leggessero con attenzione il messaggio di Napolitano capirebbero quanto sia arbitrario e grottesco legarlo a una possibile via di salvezza per Berlusconi perché i temi dell’amnistia e dell’indulto sono posti per ultimi. E comunque ogni amnistia in Italia non è mai stata superiore ai tre anni. Il tema principale è che se a maggio i posti nelle carceri saranno 47mila, dovranno esserci 47mila detenuti. Per questo Napolitano avverte: i detenuti vanno ridotti, se ci sono altre ipotesi portatele avanti, comunque sia dovete intervenire.

Domanda retorica: lei ha qualche idea in proposito?

Nelle carceri italiane continua ad esserci una situazione intollerabile non solo per il sovraffollamento: è impossibile anche aprire le celle per lavorare e studiare, applicando il dettato costituzionale. Basterebbe ridurre il ricorso alla custodia cautelare, e poi cancellare o modificare profondamente quelle leggi criminogene, come la Giovanardi-Fini sulle droghe, la Bossi-Fini sull’immigrazione e la ex Cirielli, che provocano la massima parte degli ingressi in carcere. Sarebbe una modalità diversa di amnistia, su reati come l’immigrazione clandestina, il possesso di lievi quantità di droga, l’oltraggio e la resistenza a pubblico ufficiale. Pare impossibile, ma in questo paese si finisce in carcere anche solo per aver coltivato qualche pianta di marijuana.

Vista l’Italia di oggi, c’è qualche speranza? O finirà tutto in una bolla di sapone?

Ora le tre leggi di iniziativa popolare sono in parlamento, alcuni deputati come Raciti, Beni e Migliore le hanno prese in carico per offrire una sorta di “corsia preferenziale” alla discussione. Peraltro sarebbe saggio dedicare al carcere un’intera sessione parlamentare, ad esempio di due settimane, per lavorare in maniera coordinata. Anche per rendersi un po’ più credibili di fronte alla corte di Strasburgo.