Così in cielo, come in terra. Piove, e nella regione euro mediterranea potrebbe piovere sempre più intensamente. Astenersi fatalisti, non c’è tempo da perdere. Lo dicono gli scienziati. I climatologi riuniti a Varsavia per studiare l’impatto dei gas serra sul futuro del pianeta, e i geologi italiani che solo tre mesi fa avevano lanciato l’allarme per il dissesto idrogeologico. Basta un autunno piovoso per mettere in ginocchio l’Italia, e da qui alla fine del XXI secolo c’è poco da stare tranquilli se è vero che nel corso del 2013 l’umanità ha prodotto circa 40 miliardi di tonnellate di CO2, record assoluto secondo il rapporto del Global Carbon Project pubblicato proprio ieri, “il peggior scenario immaginato dagli esperti”.

Enrico Scoccimarro, climatologo del Centro euro mediterraneo per i cambiamenti climatici (CMCC) e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), con alcuni colleghi ha studiato la potenziale variazione delle precipitazioni intense in un clima più caldo sulla regione mediterranea. La ricerca, pubblicata sul Journal of Climate, ha utilizzato i risultati ottenuti da 20 modelli climatici, gli stessi utilizzati dal rapporto globale sul clima in discussione a Varsavia. Per la fine del secolo lo scenario non lascia scampo: aumenterà l’intensità degli eventi estremi di precipitazione, sempre che i 192 paesi riuniti in Polonia non riescano a trovare un accordo per ridurre le emissioni.

Scoccimarro non è un catastrofista di professione, “le simulazioni climatiche dicono che con interventi seri a partire dal 2020 l’abbassamento della temperatura media globale alla fine del secolo sarebbe significativo”. Per prima cosa ci tiene a precisare che non è dimostrabile che la tragedia della Sardegna sia riconducibile ai cambiamenti climatici. “Entro la fine del secolo – spiega – sembrerebbe esserci una diminuzione delle precipitazioni medie nella regione a sud delle Alpi, e un aumento nelle regioni del nord Europa. Per contro, dovrebbe aumentare l’intensità degli eventi estremi di precipitazione. Ma ciò che è accaduto in Sardegna non rientra in questo scenario, si tratta sì di un evento estremo, ma contestualizzato nel nostro clima attuale”.

Dunque non siamo di fronte a un evento eccezionale provocato dal riscaldamento globale? “Quei valori di oltre 400 millimetri di pioggia in 12 ore rappresentano un evento che possiamo definire eccezionale, ma nel senso che tale è un evento che si manifesta raramente, ogni venti o trenta anni. Il discorso cambierebbe se nei prossimi due anni si dovesse verificare più volte con la stessa intensità di precipitazione”. Dunque per il climatologo, abituato a ragionare su fenomeni di lunga durata e non sulle “emergenze” autunnali, l’intervento più urgente in questo caso non è solo la riduzione dei gas serra ma la cura del territorio: “Già adesso dovrebbe essere in grado di assorbire gli eventi che lo colpiscono, tanto più se in futuro saranno molto più frequenti e più intensi”. Ma l’Italia sembra un malato terminale.

Già adesso, più di sei milioni di persone vivono in zone a rischio alluvione, e sono un milione coloro che potrebbero essere travolti da una frana. Oltre l’80% dei comuni è interessato dal dissesto idrogeologico (dati Ispra). Negli ultimi cinquant’anni, spiegano i geologi, sono stati consumati in media sette metri cubi di suolo al secondo. Ogni cinque mesi “viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma dei comuni di Milano e Firenze”. Per non parlare delle coste. Dal 1985 l’urbanizzazione si è mangiata 160 chilometri di litorale e 1.800 chilometri di coste sono ormai cementificate in otto regioni tra Adriatico e Tirreno (più di metà). E dove non può il cemento, ci pensa il fuoco: il 72% degli incendi che rendono vulnerabile il terreno è di natura dolosa, e non è un caso se in Sardegna le inondazioni dal 1963 ad oggi hanno provocato 92 vittime (50% in più della media nazionale, secondo il CNR). Infine, Coldiretti sottolinea gli effetti nefasti dovuti all’abbandono del territorio coltivato: tre milioni di ettari in meno negli ultimi trenta anni.

Se questo è il quadro, fanno piangere i 30 milioni di euro previsti dalla legge di stabilità per far fronte a questo disastro. “Una mancia”, dice Gian Vito Graziano, presidente del consiglio nazionale dei geologi (CNG). “Secondo stime fatte dal ministero dell’ambiente – spiega Graziano – ci vorrebbero 44 miliardi di euro. Sono stime realizzate su piani stabiliti dalle Regioni, potrebbero anche essere esagerate ma di sicuro per mettere in sicurezza il nostro territorio non bastano una finanziaria e nemmeno due. Però bisognerà pur cominciare, e allora forse è meglio rinunciare a un cacciabombardiere e spendere meglio le risorse che abbiamo, perché difesa del cittadino vuol dire anche preservarlo da frane e alluvioni. A parte la tragedia delle vittime e di interi paesi cancellati, questi fenomeni in quaranta anni ci sono costati centinaia e centinaia di miliardi”.