American Hustle, Captain Philips, Dallas Buyers Club, Gravity, Her, Nebraska, Philomena, 12 Years a Slave e The Wolf of Wall Street saranno i nove titoli che la notte del 2 marzo si contenderanno l’Oscar per il miglior film. Cuaron e David O’Russell sono alla pari per numero di nomination (10 ciascuno) seguiti a un punto di distanza da Steve McQueen. La grande bellezza di Paolo Sorrentino entra – come era prevedibile – nella cinquina del miglior film straniero categoria dove, dopo l’esclusione di The Grandmaster, ha buone chances di vincere. I suoi avversari sono The Broken Circle Breakdown di Felix Van Groeningen, Il sospetto di Thomas Vinterberg, L’immagine mancante di Rithy Pahn e Omar di Hany Abu-Assad. Per la cronaca: l’ultimo film italiano nominato agli Oscar è stato La bestia nel cuore, di Cristina Comencini, nel 2006.

A fronte delle campagne in stile quasi militare dispiegate nell’arco dell’autunno, non ci sono grandissime sorprese nella lista dei finalisti annunciati dall’Academy of Motion Pictures, se non forse l’apparizione inaspettata di Philomena (si può sempre contare sull’efficacia dello zampino di Harvey Weinstein, che lo distribuisce) e l’esclusione del bellissimo film di Richard Linklater Before Midnight. Ma, si sa, l’Academy ha poco interesse per gli autori obliqui e troppo liberi, quindi al regista texano (il cui nuovo Boyhood è molto atteso al Sundance) è stato dato solo il contentino di una nomination (condivisa con Julie Delpy e Ethan Hawke) per la miglior sceneggiatura non originale.

L’Academy aver considerate obliquo e troppo libero (o forse solo troppo vecchio – l’ossessione del pubblico giovanile impera da qualche anno, in modo imbarazzante) anche Robert Redford. Lo sgarro più vistoso delle nomation di quest’anno è infatti quello nei confronti dello stoico, silenzioso, navigatore solitario di All Is Lost, un personaggio, e un’interpretazione complicati, a cui chiaramente Redford (che non ha mai vinto un Oscar per la recitazione) teneva molto. A Park City (dove poche ore dopo l’annuncio delle nomination, il fondatore del Sundance era atteso alla conferenza stampa di presentazione del «suo» festival) per i prossimi dieci giorni, si potrà toccare con mano il rapporto di relativo disinteresse che Redford ha nei confronti della Hollywood più istituzionale.

Al suo posto, in un pool di attori protagonisti di cui fanno parte Bruce Dern (Nebraska), Leo Di Caprio (The Wolf of Wall Street), Chiwetel Ejiofr (12 Years A Slave) e Matthew McConaughey (Dallas Buyers Club), si è infilato all’ultimo momento Christian Bale truffatore eccellente in American Hustle. Tra i votanti dell’Academy, la categoria degli attori è la più numerosa. Comprensibile quindi che il cinema attorecentrico di David O’Russell abbia indici di gradimento alti.

Dopo l’entusiasmo nei confronti di Il lato positivo l’anno scorso, oggi tifano con lo stesso entusiasmo per American Hustle, di cui sono stati nominati tutti gli interpreti principali: oltre a Bale, Amy Adams (migliore attrice protagonista), Jennifer Lawrence (miglior non protagonista) e Bradley Cooper (miglior attore non protagonista). E la maggior parte dei pronostici dà quasi per sicuro un duello tra il film di O’Russell e quello di Steve McQueen, 12 Years a Slave. Anche se The Wolf of Wall Street, Gravity e Her sarebbero scelte molto più originali, vitali e interessanti.

Nella categoria migliore attrici, la grande favorita è Cate Blanchett per Blue Jasmine. Tra le sue concorrenti Judi Dench, Sandra Bullock, Amy Adams e Meryl Streep sarebbe stato bello vedere (magari al posto della scontatissima scelta di Streep) Melissa McCarthy (una forza della natura in Identity Thief (Io sono tu) e in The Heat (Corpi da reato), ma la Hollywood del terzo millennio non ha la visione di quella degli Anni trenta.

Frozen è l’indiscusso favorito nella categoria di animazione, contro The Croods, Despicable Me 2, Ernest & Celestine e The Wind Rises di Hayao Myazaki. E ci sarebbe piaciuto vedere quest’ultimo anche nella categoria del miglior film straniero. Peccato.