Tre crolli in due giorni e i riflettori tornano su Pompei. Il primo cantiere del Grande progetto è appena stato completato, restituendo alla fruizione la domus del Criptoportico (a cui dovrebbero seguire la domus dei Dioscuri e la domus di Sirico), ma l’allarme torna alto dopo quarantotto ore di pioggia battente. A cedere ieri è stato un muro di due metri in un’area non scavata di via Nola. Si tratta del costone di una bottega chiusa al pubblico nella regione V, insula 2, civico 19. Le precipitazioni hanno appesantito il terreno alle spalle della struttura, terreno che ha finito per premere su un muro lungo quattro metri, oggetto di un restauro negli anni passati e contenuto da elementi in ferro. L’area è stata interdetta per i rilievi e i primi interventi di messa in sicurezza.

Domenica erano venute giù alcune pietre dalla spalletta del quarto arcone sottostante il tempio di Venere. La muratura era già stata puntellata. In mattina aveva già ceduto un muretto di una tomba della necropoli di Porta Nocera, che serviva da contenimento del terreno in cui erano state poste le sepolture. Anche queste zone sono state interdette al pubblico. Si tratta di tre crolli in aree diverse e, per fortuna, non di danni irreparabili. Legati però a due fragilità molto diffuse negli scavi: la malta che legava i mattoni si è indebolita nei secoli al punto che i cedimenti diventano frequenti; le acque piovane non irreggimentate innescano smottamenti, in alcuni casi gravissimi come il collasso della Schola Armaturarum nel 2010.

L’ex ministro Massimo Bray ha staccato da Napoli la soprintendenza di Pompei, affidandola al docente universitario Massimo Osanna. La nomina però è al vaglio della Corte dei Conti, perciò l’incarico è momentaneamente affidato al direttore generale delle antichità, Luigi Malnati che, in una nota, spiega: «Gli episodi di questi giorni sono stati causati dal maltempo in un sito di età romana, con strutture antiche conservate anche in elevato, che sono alla luce da più di due secoli. Si ricorda che l’area archeologica di Pompei conserva circa 2 milioni di metri cubi di strutture murarie antiche, diciassettemila metri quadrati di intonaci, dodicimila mq di pavimenti». Le aree di intervento del Grande Progetto Pompei (105 milioni da spendere entro il 2015) dovrebbero assicurare la messa in sicurezza di circa metà del territorio, risolvendo anche i problemi legati al rischio idrogeologico, lasciando però in una situazione di fragilità le zone meno visitate, come appunto l’area intorno via Nola.

Dopo cinque anni difficili, pare timidamente tornare a circolare il tema della manutenzione ordinaria. È lo stesso Osanna a invocare squadre di tecnici che vadano in giro a constatare di giorno in giorno lo stato delle domus in modo da prevenirne le criticità. Come avveniva prima che i manutentori fossero mandati in pensione senza rimpiazzo. «Senza risorse umane non c’è futuro per i Beni culturali. Noi qui cataloghiamo una grande mole di reperti, materiale preziosissimo su cui però nessuno fa più ricerca», raccontano amareggiati alcuni lavoratori.

In allarme l’Unesco: «Purtroppo sono situazioni annunciate – commenta il presidente della Commissione nazionale italiana, Giovanni Puglisi -, occorre un piano di interventi straordinario che metta in sicurezza l’intera area di Pompei dal punto di vista geologico e geo-idrico, perché se questi terreni non hanno un drenaggio forte delle acque piovane è chiaro che Pompei è destinata a crollare per intero». Stamattina al Mibact il successore di Bray, Dario Franceschini, terrà una riunione operativa con Osanna, Malnati e il direttore generale del Grande Progetto Pompei, il generale Giovanni Nistri. E sarà una riunione dai tratti paradossali. Il soprintendente incaricato non è entrato in possesso degli uffici, e sulla sua nomina pendono dei ricorsi, Nistri e Malnati non hanno ancora la struttura operativa di 20 effettivi promessa dal Grande Progetto e la separazione da Napoli ha lasciato gli scavi bloccati in una strana terra di mezzo burocratica: senza protocollo, senza caselle pec, senza una reale operatività. Lapidario Mario Martone: «Certo, fa impressione la coincidenza fra gli ultimi crolli a Pompei e l’Oscar a La grande bellezza di Paolo Sorrentino ma, in fondo, il film mostra la grande bellezza dell’Italia nelle sue incrinature progressive, che portano a cose come queste di Pompei e a centomila altre, simili».