«Una botta in testa e finisce ammazzato». Con modi spicci Nicolino Grande Aracri, detto man ‘i gumma, capo della potente cosca di Cutro, egemone nel crotonese e con le mani in pasta in mezza Emilia-Romagna, voleva sbarazzarsi di Gianni Speranza, sindaco di Lamezia e dirigente di Sel. Le intercettazioni, rese pubbliche in queste ore ed estrapolate dalla maxi inchiesta Aemilia, delineano un quadro a tinte fosche. I cutresi hanno conquistato spazio in tutta la Calabria, ormai secondi solo al mandamento di Reggio.

Nulla di sorprendente che il boss di Cutro si interessi alla politica lametina. I Grande Aracri hanno interessi a Lamezia e dalle indagini condotte dalla Dda emerge il legame con la ‘ndrina dei Giampà. «La cosca Grande Aracri aveva intenzione di aprire un locale di ‘ndrangheta a Lamezia, con il benestare di mio zio Pasquale Giampà detto millelire, ragione per cui attualmente si può affermare che il clan Giampà fa riferimento al locale di Cutro in virtù dei rapporti creati in carcere». Queste le confessioni del boss Giuseppe Giampà, pentito di grosso calibro, le cui rivelazioni sugli assetti di ‘ndrangheta sono agli atti dell’operazione Aemilia.

Gianni Speranza si dice preoccupato ma non arretra di un millimetro. Interpellato dal manifesto così commenta: «Sono stupito ma non troppo. Evidentemente le cosche di Cutro vogliono estendere il loro dominio a Lamezia e alla provincia di Catanzaro. Questi 10 anni di sindacatura si sono aperti e chiusi allo stesso modo. Il giorno della mia proclamazione fu incendiato il portone del municipio adesso queste minacce di morte. Credo che aver fatto per 10 anni il sindaco, incolume, sia già un miracolo». Speranza in questi lunghi anni -siamo a due mesi dalle elezioni e non si ricandiderà – ha rappresentato un modello di buona politica: gestione trasparente, controllo certosino di ogni appalto, ferma condanna della criminalità. Ovvero l’antimafia come baricentro di ogni azione. «Non tutti i sindaci – ha dichiarato la deputata calabrese di Sel Celeste Costantino – hanno dimostrato di avere la schiena dritta come lui e in questo momento gli va garantita la piena sicurezza». E il suo ex compagno di partito e vicepresidente dell’Antimafia, Claudio Fava: «Mentre il sindaco di Brescello, Marcello Coffrini, è ancora al suo posto dopo aver pubblicamente lodato il reggente locale della ’ndrangheta Francesco Grande Aracri, il sindaco di Lamezia apprende che Nicolino Grande Aracri, fratello di Francesco, intendeva ucciderlo. Finché si tollererà che un sindaco amico di un mafioso resti in carica, nessuno si stupisca se quegli stessi mafiosi minaccino di morte un altro sindaco colpevole di fare correttamente il proprio lavoro». Fava ha poi rivolto un invito a Mattarella: «Chiedo al Presidente di rimuovere il sindaco Coffrini dalla sua funzione. Sarebbe un gesto utile a garantire i tanti sindaci in prima fila nella lotta alle mafie, come Gianni Speranza, che alla famiglia Grande Aracri in Calabria ha sbattuto sempre la porta in faccia rischiando la pelle, mentre il suo collega di Brescello ne tesseva le lodi».

Anche Avviso Pubblico, network di amministratori e associazioni, tra cui Libera, ha espresso solidarietà a Speranza, «nella certezza che il suo impegno politico, sociale e culturale proseguirà con la stessa determinazione comunemente riconosciutagli». L’astio dei mafiosi verso Speranza si spiega soprattutto con il Piano strutturale comunale che all’art.1 ripudia gli interessi urbanistici ed edilizi della criminalità organizzata e assoggetta, con una scelta unica nel panorama nazionale, «tutti i permessi di costruire, convenzioni e piani attuativi al preventivo controllo del prefetto». Insomma, un guanto di sfida alle ‘ndrine. E alla politica melmosa di un comune che con le cosche ci ha convissuto tanto da esser stato sciolto ben due volte.