«La quercia nasce dalla ghianda. Ma questa diviene e resta quercia solo se incontra condizioni ambientali favorevoli, che non dipendono più dall’embriologia».
Questa semplice riflessione è di Marc Bloch, il più grande storico del Novecento. La metafora gli serve per introdurre lo spinosissimo tema delle ‘origini’, che, ovviamente, interessano molto allo storico: si direbbero quasi il nocciolo del suo mestiere. E invece no, dice Bloch.

LO STORICO SA BENE che le origini sono importanti, che nessuna quercia esisterebbe senza la ghianda da cui è nata. Ma gli interessa soprattutto capire come e perché la quercia si sia sviluppata, quale terreno, quali condizioni ambientali e climatiche abbiano consentito all’embrione di diventare e restare albero. Insomma: allo storico interessa la storia. Le origini, che nell’immaginario collettivo sono spesso chiamate in causa come spiegazione e motivazione dell’esistente, in realtà a lui importano pochissimo.
Ciò vale anche quando si parla di cibo. Le «origini» di un prodotto, di una preparazione, di una ricetta oggi paiono essere diventate un mito, e sono chiamate in causa per «proteggere» i prodotti sul piano legislativo e commerciale. Niente di male, ma attenzione a non scambiare la ghianda con la quercia, l’origine del prodotto o della ricetta con i motivi della sua durata (e del suo successo) nel tempo. Un prodotto o una ricetta interessano allo storico soprattutto per il contesto che li ha visti crescere e affermarsi, interagendo con altri prodotti e altre ricette in un sistema gastronomico che ne decreta il successo.

Un esempio: gli spaghetti al pomodoro, simbolo della cucina italiana. Un piatto nato dall’incontro fra due soggetti che «in origine» appartenevano a mondi diversi e neppure si conoscevano. Gli spaghetti abitavano nel cuore del Mediterraneo, dove, nel corso del Medioevo, gli arabi rinnovarono l’antica tradizione della pasta lanciando la semplice ma geniale invenzione di farla seccare. Intanto, nelle regioni dell’America centrale gli indigeni coltivavano i pomodori, sconosciuti nel resto del mondo. Arrivarono in Europa nel Cinquecento, ma per molto tempo furono usati quasi solo come piante ornamentali. Un vero incontro fra i due prodotti era di là da venire. La pasta continuava – e continuò per secoli – a essere condita secondo l’uso medievale: burro e formaggio, talvolta con l’aggiunta di zucchero, cannella o altre spezie.

Poi, qualcuno ebbe l’idea di trasformare il pomodoro in una salsa. Fu in questa forma che il nuovo prodotto riuscì a entrare nelle cucine europee, che facevano uso di salse per accompagnare tutte le vivande, in particolare i piatti di carne. È possibile che il primo esperimento di questo genere sia stato fatto in Spagna: infatti quando la salsa di pomodoro compare in Italia il suo nome è «salsa alla spagnola». Così la chiama un cuoco marchigiano che lavora a Napoli, Antonio Latini, in un ricettario del 1692, dove suggerisce di usarla secondo la tradizione, cioè per accompagnare le carni, soprattutto bollite.

NEL SECOLO SUCCESSIVO, la salsa di pomodoro diventa una presenza normale nei libri di cucina italiani. Ma è solo nell’Ottocento che nasce l’idea di abbinarla alla pasta. La prima notizia è in un libro di cucina del 1839, scritto dal nobile napoletano Ippolito Cavalcanti. Nel corso del secolo, a poco a poco la pasta al pomodoro diventò una cifra distintiva della cucina italiana, dapprima nelle regioni meridionali, poi in tutto il paese.
Questa vicenda – al pari di tante altre – sembra essere nata appositamente per spiegare che le identità gastronomiche sono un prodotto della storia, cioè non affondano le radici in improbabili origini al di fuori del tempo, ma nascono dall’incontro fra uomini, esperienze, culture diverse.

 

SCHEDA

La manifestazione (Camogli, 7/10 settembre) è ideata e diretta da Rosangela Bonsignorio e Danco Singer e organizzata dal Comune di Camogli e da FRAME (www.festivalcomunicazione.it). Quattro giornate con oltre un centinaio di appuntamenti tra incontri – visibili anche in streaming sul sito del festival – laboratori, spettacoli, mostre ed escursioni, tutti gratuiti. Più di 130 gli ospiti provenienti dal mondo della comunicazione, della storia, della filosofia, della semiologia, della letteratura, della scienza, del diritto, dello spettacolo, dell’arte, della moda, dello sport, delle istituzioni, delle imprese e dell’economia, che rifletteranno sul tema di quest’anno, le Connessioni.