La storia comincia in una campagna assolata, ci dice di un uomo, un bandito, un «figlio di puttana» che tutti chiamano «Simon senza trippa» per la sua magrezza, che ha sparato alla moglie e alla figlia e per questo la polizia gli dà la caccia da anni senza però riuscire mai a prenderlo. Ormai ha i capelli bianchi ma non si separa mai dal suo fucile, nella notte stellata tre ragazze belle e giovani lo inseguono, si spogliano e fanno l’amore, poi imbandiscono la tavola, mettono sulla brace la carne, gli servono il vino come si fa a un re. Dai cantieri navali chiusi per la crisi, con gli operai che hanno perso il lavoro e i sindacalisti a cui non crede più nessuno, Desolato, secondo volume di Le mille e una notte,  ci porta in un paesaggio della leggenda. Un western moderno, di wilderness contadina profumata d’estate e di grilli, l’epica del fuorilegge in fuga che nonostante la malvagità sarà alla fine salutato dalla popolazione come un eroe.

 

 

A legare i tre diversi capitoli del film di Miguel Gomes, insieme alla voce della narratrice, Sherazade, ci sono le tracce disseminate dal regista di un umorismo dagli accenti grotteschi, come il piccolo drone utilizzato per la caccia alle vespe che infestano le colture portoghesi, e il sentimento precario delle esistenze in un paese «ostaggio di un programma di ingiustizia sociale».

 

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Gomes, alchimista dell’immaginario, mescola il racconto della realtà, e la sua forma socio-naturalista a quello dell’incanto, sottomette il principio di intervento politico al registro del meraviglioso trasformando il cinema «d’impegno» in un gioco da bambini irriverente, di serissima leggerezza. E per fare questo si prende la libertà di utilizzare ogni variazione possibile dell’immaginario: generi, contaminazioni, accostamenti audaci, passaggi di senso impuri e esplosivi. Le epoche convivono, si popolano di fantasmi, la realtà e il mito si confondono senza preoccuparsi delle regole scritte o non scritte del cinema e del racconto.

 

Come Sherazade, che ogni sera inventa una storia per salvare le fanciulle del regno e sé stessa dalla malvagità sanguinaria del sultano, Gomes tesse la trama narrativa del suo film in cui nonostante le continue trasfigurazioni ritornano corpi, motivi, figure nei quali risuona l’eco di un continente fantasmatico, il Portogallo, e l’Europa, e di un tempo, quello che abitiamo ora. In cui dilaga una crudeltà che non sembra risparmiare nessuno: banchieri, amanti, elettori, ministri, disoccupati, artisti, giudici, giovani e vecchi appaiono tutti solidali nei loro comportamenti scorretti, come vediamo nella parte che di questo episodio costituisce il cuore. Addolorato anche se mai inasprito dalla sua immensa amarezza.

 

Angoscia e senso di colpa si inseguono nel corso del processo presieduto da una giudice molto paziente, rivisitazione in chiave di teatro greco del cinema giudiziario che da un caso semplice, madre e figlio processati per avere venduto i mobili dell’appartamento di cui sono affittuari, si trasforma nel processo all’intera società. Ciascun crimine rimanda a un altro, e man mano che si procede il numero degli imputati sembra diventare infinito salendo sempre più in alto nella scala sociale fino a un uomo d’affari cinese caduto in disgrazia e a un potente banchiere portoghese … Interessi economici, un mercante di vacche, una donna sordomuta costretta da questo che era il suo docente all’università a mimare il parto di un maiale, un marito usuraio, i servizi sociali indifferenti, un genio corrotto, una mucca rapita e un albero d’olivo secolare ferito…

https://youtu.be/rYHFB6LFFfk

 

Nessuno però è disposto a assumersi la responsabilità delle sue azioni, perché appunto dettate da cause esterne, provocate dalla minaccia di qualcun altro o da uno stato di difficoltà, quasi sempre di miseria, che non lascia la possibilità di scegliere diversamente. Ipocrisia e malvagità sembrano proliferare e nutrirsi della crisi, diventare universali fino a essere quasi a una farsa. Il giudizio è sospeso, la morale non è più adeguata e di fronte all’impotenza la giudice non può che piangere.Eppure, lo aveva detto ai presenti, risparmiate le lacrime perché sono contagiose.

 

 

Ma può accadere anche qualcosa di inaspettato, come quel cagnolino bianco che appare all’improvviso nel casermone di una squallida periferia per rendere felice una vecchia coppia. Mentre tutti gridano e si lamentano, Dixie, «nato per rendere gli altri felici», forse fantasma e doppio di una altro cagnolino vissuto tempo prima diffonde la sua dolcezza. La potenza dell’immaginario, l’arma meravigliosa del cinema.

 

 

 

Miguel Gomes sarà in Italia per presentare il film al pubblico di Milano (domani, ore 20, Anteo SpazioCinema), Torino (sabato 19, ore 18, Massimo) e Roma (domenica 20, ore 20, Farnese). Il film di Gomes esce all’Anteo di Milano (18 marzo-7 aprile), dal 18 al 24 marzo – Vol. 1, dal 26 al 31 vol. 2, dal 2 al 7 aprile vol. 3 (orari a breve sul sito: https://www.facebook.com/events/1712541712294571/). A Roma il Farnese ospita la «maratona»: il 18 (vol. 1 ore 22), il 19 (vol. 2 ore 22), il 20 (vol.3 ore 20). Il Cinema Massimo di Torino propone questo calendario: il 19 (ore 18) e 20 (ore 15.30) vol. 1, 19 (ore 20.15) e 20 marzo (ore 18) vol. 2, il 19 (ore 22.30) e 20 marzo (ore 20.30) vol. 3. A Trieste il film viene proposto dal Cinema dei Fabbri dal 18 al 24 marzo (orari disponibili sul sito. FB: https://www.facebook.com/events/183692305344040/). Al Postmodernissimo di Perugia ogni giorno un capitolo, il 18 (ore 17, 19.15, 21.30) vol. 1; il 19 (ore 17, 19.15 e 21.30) vol. 2, il 20 (ore 17, 19.15 e 21.30) vol. 3. Il 19 marzo, alle ore 16.30, è in programma una maratona dei tre volumi. Introduzione critica a cura di Daniele Dottorini (ingresso 10 euro). A Palermo, infine, al cinema Rouge et Noir come anteprima del Sicilia Queer Filmfest il 21 (ore 17) la maratona dei 3 volumi.