Come molti illustratori, da bambino e per tutta l’adolescenza non facevo altro che disegnare. Avevo degli album che riempivo di schizzi. Non ho mai pensato seriamente di intraprendere una strada diversa dall’istituto d’arte. Ho studiato illustrazione nel Kent, in Inghilterra, a metà degli anni novanta, in un’accademia molto libera dove tutti avevamo la possibilità di sperimentare diverse tecniche e di sbizzarrirci con vari strumenti espressivi. È stato proprio in quel periodo che ho scoperto quanto mi affascinava lavorare con i libri e usare i miei disegni per raccontare delle storie. Dopo l’accademia sono tornato a Oslo, dove ho fatto esperienza come illustratore in svariati ambiti. Ma illustrare libri è sempre stata la mia attività preferita. Ho curato le illustrazioni per i testi di diversi autori e realizzato sette albi miei, uno dei quali, nel 2008, è stato insignito del Bologna Ragazzi Award, un riconoscimento che mi rende molto felice e orgoglioso. Quando si fa un libro, spesso si sviluppa una stretta collaborazione fra l’illustratore, l’autore e l’editor. Durante la lavorazione, sia il testo che le immagini subiscono dei cambiamenti e talvolta sono proprio queste ultime a narrare la storia al posto del testo. L’obiettivo è dare vita a una vicenda che non possa essere riferita in nessun altro modo. Ed è importante che testo e illustrazioni contribuiscano entrambi al risultato d’insieme, anche se questo non corrisponde al metodo di lavoro tradizionale. Spesso l’artista aggiunge i disegni solo una volta che il testo è finito, il che può anche funzionare, ma penso che sia più interessante quando testo e illustrazioni nascono insieme, come fossero il risultato di una vera collaborazione. È questo che fa la differenza. Quando ho lavorato a Perché il cane ha il naso bagnato?, appena pubblicato in Italia da ElectaKids, l’autore, Kenneth Steven, aveva già scritto il suo testo. Il libro si ispira alla vicenda dell’arca di Noè e a un’antica leggenda norvegese che spiega come mai i cani hanno il naso bagnato. Una storia molto carina per un picture book. Ho preparato dei bozzetti, poi abbiamo iniziato a confrontarci con l’editor. Sono state apportate delle modifiche sia al testo che alle immagini. Abbiamo così deciso di accorciare il testo e di raccontare alcune sequenze della storia sotto forma di fumetti. Quindi, testo e illustrazioni vanno letti insieme, contemporaneamente. È stato molto divertente lavorarci perché ho potuto inserire numerosi dettagli e piccole storie illustrate all’interno della trama principale. Inoltre, è stato interessante realizzare un libro basato su una storia che tutti conoscono. In un certo senso, questo ci ha dato molta libertà perché c’erano parecchi richiami con cui giocare. Nei miei progetti adotto spesso un approccio essenzialmente visivo, dove il testo è molto breve o addirittura assente. Sono i disegni che raccontano la storia. Il mio libro Il buco (in Italia pubblicato da Orecchio Acerbo, ndr) ha come protagonista un vero e proprio foro che attraversa le pagine. Una storia del genere poteva essere narrata soltanto in un libro fustellato. Mi capita spesso di giocare nel mio lavoro, attingendo al mondo del cinema, dei cartoni animati, dell’arte e alla vita quotidiana, in un mix tra mondo interiore e mondo esteriore. Mi ispiro a ciò che mi circonda ogni giorno, alle cose che vedo intorno a me. Ma di solito è la fantasia a guidarmi: quando disegno non ho in mente riferimenti tradizionali, perciò a volte le mie creazioni possono risultare un po’ surreali e oniriche. Inoltre guardo con interesse alle opere di altri artisti e illustratori: di recente ho rivisto i lavori di Saul Steinberg e Moomin, di Tove Jansson, ma ce ne sono molti altri che potrei citare. Sono tanti gli esempi di storie narrate attraverso le immagini. Fra le fonti di ispirazione che risalgono alla mia infanzia ce n’è stato anche uno italiano: il cartone animato La linea. Mi piaceva per la sua semplicità e ricordo che era molto gustoso. In genere, lavoro con diverse tecniche: a volte disegno al tratto e con colori uniformi, come in Perché il cane ha il naso bagnato?, a volte realizzo dei piccoli oggetti o delle scenografie di carta che poi fotografo per i miei libri. È divertente cimentarsi con metodi differenti per creare delle immagini. Per me, il processo creativo è molto coinvolgente: mentre lavori, scopri sempre qualcosa di nuovo. Negli ultimi dieci o quindici anni, qui in Norvegia sono stati pubblicati moltissimi libri illustrati interessanti che hanno vinto numerosi premi e sono stati tradotti in varie lingue. Gli illustratori e gli autori amano sperimentare e giocare con questo genere perché è visto come uno strumento particolare che può suggerire diverse interpretazioni. Credo che uno dei motivi del grande successo dei picture books stia nel fatto che molti illustratori sono anche autori dei loro libri. E visto che il nostro ambiente non è poi così grande, ciascuno conosce la produzione dell’altro: così, può essere una fonte di ispirazione per i suoi colleghi. Lavorare con i libri illustrati dà una grande libertà: puoi fare tantissime cose, per esempio creare delle contaminazioni con cartoni animati, graphic novels, ecc. Un’altra ragione fondamentale del boom dei picture books nel nostro Paese è che gli illustratori possono contare sul sostegno culturale del governo. Questo significa maggiore libertà e più tempo per approfondire i progetti e sperimentare nuove strade. Non va dimenticato, inoltre, il supporto economico a favore delle case editrici, che consente di pubblicare titoli di qualità senza un elevato rischio commerciale, visto che molti di questi libri comportano ingenti spese di produzione. Penso che siano stati questi i fattori determinanti per lsa crescita dell’editoria norvegese. (Traduzione di Maria Carla Dallavalle)