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Le metamorfosi di Serge Gainsbourg

Le metamorfosi di Serge GainsbourgSerge Gainsbourg

Anniversari/90 anni fa nasceva l’«artista totale» francese. Un ricordo Tanti gli omaggi in patria, e non solo, al musicista capace di spaziare, tra enormi irriverenze, in una moltitudine di generi

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 28 aprile 2018

«La plus belle histoire d’amour qu’il puisse imaginer», la più bella storia d’amore che si possa immaginare. Fu questa la richiesta che Brigitte Bardot, ai tempi forse la donna più bella del pianeta, fece a Serge Gainsbourg poco dopo il loro incontro in uno studio di registrazione di Parigi nell’ottobre 1967. Basterebbe questo a rendere immortale la figura dello chansonnier francese. Sono passati 90 anni dalla nascita di Gainsbourg, venuto al mondo a Parigi con il nome di Lucienne il 2 aprile 1928 da una famiglia di ebrei ucraini, e la sua memoria appare sempre più viva. L’opera dell’artista, scomparso nel 1991 dopo una vita di eccessi scandita da sbornie e da tre pacchetti di Gitanes al giorno, è monumentale. In 34 anni di carriera ha scritto più di 500 canzoni, raccolte in diciassette album in studio, in un numero imprecisato di compilation e colonne sonore e in più di cinquanta singoli. La sua Parigi ha deciso di rendergli omaggio in occasione di questo anniversario. L’IReMus (Istituto di ricerca di musicologia) ha organizzato una grande conferenza internazionale dedicata a «l’uomo a testa di cavolo», come si intitolava un suo celebre concept-album del 1976, che si è tenuta nelle sale dell’università Sorbona. Il simposio ha ripercorso vita e opere del cantante, riunendo una trentina di relatori internazionali di varie discipline che hanno esplorato i tanti aspetti di un artista totale che da giovane voleva fare il pittore, ma che preferì le note ai pennelli, usando però tutti i colori della tavolozza e spaziando tra il jazz, il pop, la canzone d’autore, il reggae, la word music.

ALL’ASTA
Sempre a Parigi nei giorni dell’anniversario la galleria YellowKorner ha messo all’asta una serie limitata di foto storiche scattate per Vogue nel 1970 dal fotografo Bert Stern (l’ultimo a immortalare Marilyn Monroe) che ritraggono Gainsbourg con un altro grande amore della sua vita, Jane Birkin.
I due si conobbero in occasione della realizzazione del film Slogan che aveva Serge Gainsbourg come protagonista. Era il 1968. La «storia d’amore più bella del mondo» con Brigitte Bardot aveva fatto fuoco e fiamme, ma si era consumata in un lampo. L’attrice era, infatti, sposata con il fotografo Gunter Sachs e il marito l’aveva richiamata all’ordine. La passione con il cantante aveva lasciato come eredità alcune canzoni che verranno raccolte nell’album di culto Bonnie and Clyde e un brano erotico Je t’aime… moi non plus che, dopo un solo passaggio radiofonico, per la gelosia di Sachs era scomparso dalla circolazione.
Con in mente la divina Brigitte e dopo aver meditato di gettarsi nelle acque della Senna, Gainsbourg trattò Jane Birkin, una modella inglese poco conosciuta, dalle gambe filiformi, in modo sprezzante. «Lo trovai arrogante. Mai una gentilezza nei miei confronti», ricorderà Birkin. Ma le cose cambiarono presto. Il regista Pierre Grimblat, per creare alchimia tra i due protagonisti e per salvare il suo film, organizzò una cena da Maxim’s proseguita al locale Régine. Serge e Jane tornarono sul set mano nella mano. Nacque una relazione tumultuosa come tutti i grandi amori che durò 13 anni, diventando anche un sodalizio artistico.

4 MINUTI E MEZZO
La coppia reincise, nel dicembre ’68, Je t’aime… moi non plus, il brano scandaloso. Un amplesso musicale di 4 minuti e mezzo che fu il più grande successo internazionale della carriera del cantante (più di cinque milioni di copie, il primo 45 giri non cantato in inglese al numero uno della classifica britannica) e che deve la sua straordinaria fortuna anche ai maldestri tentativi di scomuniche e di sequestri subiti.
In Italia fu oggetto degli strali dell’Osservatore Romano e della Procura della Repubblica di Milano, ma venne anche riproposto secondo la moda dell’epoca in una versione italiana un po’ anestetizzata da due interpreti non avvezzi al pop come Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer. Jane Birkin a tutt’oggi celebra la figura artistica del suo tormentato compagno. L’anno scorso ha pubblicato l’album Birkin/Gainsbourg: Le Symphonique in cui rilegge con un arrangiamento sinfonico le canzoni che interpretarono insieme. Un disco nato da una collaborazione con l’Orchestre symphonique de Montréal diretta da Simon Leclerc per la rassegna canadese Francofolies.
Birkin riproporrà lo spettacolo quest’estate in alcuni festival musicali francesi. Il primo appuntamento è il 17 giugno a Reims. Anche la figlia della coppia, l’attrice e cantante Charlotte Gainsbourg, ha voluto ricordare il padre. Ha espresso il desiderio di trasformare la sua casa al 5bis di rue Verneuil in un museo e ha pubblicato, dopo sette anni di silenzio, l’album Rest che contiene il brano Lying with You, dedicato al ricordo del genitore. Ma non è una canzone di tenero affetto, ma di macabra sensualità con la descrizione del ricordo del corpo del padre dopo la morte.
Per Charlotte, che sarà a giugno ospite del Radar Festival al Parco dell’Idroscalo di Milano, è anche artisticamente la chiusura di un cerchio. La sua carriera iniziò infatti nel 1984 come ospite di una canzone del padre, anche più morbosa del suo più grande successo. Si intitolava Lemon Incest e il rapporto papà-figlia veniva descritto come un amore non consumabile, ma pieno di sensualità: «L’amore non faremo mai insieme. È il più raro il più inquietante». È impossibile scindere l’opera di Gainsbourg dalle provocazioni. Nel 1965 una sua canzone fece vincere alla starlet pop francese France Gall l’Eurofestival, l’anno dopo scrisse per la stessa cantante un brano Les Sucettes un’ode al sesso orale.
Gall incise il disco e si accorse troppo tardi delle allusioni. Nel 1971, l’album di Serge più celebrato, Histoire de Melody Nelson, era un concept dedicato all’amore tra un uomo maturo e una ragazzina conosciuta in seguito a un incidente stradale e che poi muore in un incidente aereo.
Nel 1973, a 45 anni, venne colpito da un infarto quasi letale, chiese prima di essere trasportato in ospedale di essere avvolto nelle sue coperte di Hermès e, scampato il pericolo, affermò di aver capito che la cura migliore era aumentare il dosaggio di alcol e sigarette. Due anni dopo propose un altro concept album Vu de l’extérieur incentrato su temi scatologici. Gainsbourg, ebreo che da bambino aveva dovuto nascondersi dalle retate naziste, nel 1975 firmò Rock Around the Bunker, una grottesca celebrazione degli ultimi giorni di Hitler. Nel 1979 scandalizzò ulteriormente i conservatori francesi con un’edizione reggae della Marsigliese incisa in Giamaica. Nel 1984 bruciò in televisione una banconota da 500 franchi per protestare contro le tasse e venne denunciato. Nel 1976 ospite, rigorosamente ubriaco, di una trasmissione con Whitney Houston proclamò in inglese I want to fuck her.

SI CHIUDE
Nel 1987 chiuse la sua carriera con l’ultima metamorfosi: un disco hip hop intitolato You’re under Arrest. Molti artisti internazionali hanno subito il suo fascino. Beck ha spesso citato la sua musica, gli Arcade Fire hanno riproposto la sua Poupée de Cire, Poupée de Son, Portishead e Massive Attack si sono ispirati alle sue atmosfere, Pulp e Tindersticks hanno tentato di appropriarsi del suo stile decadente e seducente. Fino alla nuova scena indie rock, con gruppi come Tame Impala o Beach House che pescano dai suoi arrangiamenti più psichedelici. Nessuno però è stato più conquistato dall’opera di Serge Gainsbourg quanto Mick Harvey, fondatore con Nick Cave dei Birthday Party e anima fino a pochi anni fa dei Bad Seeds. All’artista parigino il musicista australiano ha dedicato ben quattro album: Intoxicated Man (1995), Pink Elephants (1997), Delirium Tremens ( 2016) e Intoxicated Women (2017). «Conosco i miei limiti. Ecco perché sono oltre», disse una volta Gainsbourg. Confuse incessantemente arte e realtà, fino a consumare se stesso, e oggi più che mai continua a scandalizzare e sedurre.

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